Pensiero della settimana

Chi risorge conserva la propria identità personale, pur acquisendo qualità fisiche e mentali differenti da quelle possedute nella vita terrena. Ciò significa che conserverà la propria coscienza, la propria individualità e la propria sensibilità, la propria storia personale, anche se in un contesto ormai profondamente mutato rispetto a quello precedente della vita mortale. Risorgere ad una eterna vita di gloria e beatitudine comporta l’accesso ad un ordine di cose impensabile durante la vita terrena e ad un’esperienza esistenziale inedita e radicalmente diversa dal novero delle esperienze storico-mondane. Chi avrà il privilegio di rinascere nell’originario ed eterno Regno di Dio, in cui saranno confluite tutte le conquiste più mirabili e generose dell’ingegno, dell’amore e dello spirito umani, si troverà al cospetto di Dio e della sua moltitudine angelica che, come ricorda l’Apocalisse giovanneo, sarà intenta a celebrare le prodigiose gesta terrene e la straordinaria opera salvifica del Figlio di Dio, dell’Agnello sacrificale, immolatosi per la salvezza del genere umano: «miriadi di miriadi e migliaia di migliaia» di spiriti angelici «dicevano a gran voce: l’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione» (Ap 5, 11).

In quel momento i risorti potranno constatare in modo incontrovertibile e definitivo di essere realmente risorti in virtù o per effetto del sacrificio terreno e cosmico dell’unigenito Figlio di Dio, del sacrificio mortale di un Dio immortale e immortale non solo nel senso che non può mai morire ma nel senso che, pur potendo morire per sua compassionevole scelta, attraversa e sconfigge la morte, vince una volta per tutte sulla morte. Sarà il momento in cui all’Agnello, all’unto e all’inviato di Dio-Padre, ormai al riparo di folle tumultuanti di esseri umani increduli e animosamente determinati, in tutte le epoche storiche, a pretenderne o decretarne la soppressione e l’espulsione dalle loro effimere esistenze, sarà coralmente e unanimemente riconosciuto il titolo di re dei re e tributato un onore infinitamente superiore a quello ingiustificatamente reso a potenti e ricchi, a superbi intellettuali e ad intriganti senza scrupoli di questo mondo. Sarà il trionfo del Dio uno e trino e degli uomini che, pur tra debolezze e contraddizioni personali, si saranno sinceramente sforzati di amarlo e servirlo al meglio delle loro possibilità.

I risorti si scopriranno simili agli angeli festanti del cielo: simili, come aveva detto una volta Gesù, ma non uguali, e non per via del fatto che essi conserveranno il loro corpo, a differenza degli angeli che, in quanto puri spiriti, ne sarebbero privi, perché, in realtà, anche gli angeli hanno un corpo ma un corpo totalmente spirituale non soggetto alle passioni e, soprattutto, alle perversioni di una carne corrotta dal peccato. La differenza tra gli uni e gli altri consisterà piuttosto in questo: che i risorti, pur ormai dotati anch’essi, come gli angeli, di un corpo spirituale, dove lo spirituale non è da intendere come sinonimo di incorporeo o di immateriale ma come indicativo del prevalere della razionalità e della volontà sulla emotività e sugli istinti, avranno pur sempre una natura inferiore a quella angelica, dal momento che gli angeli saranno sempre rimasti al cospetto di Dio, sotto lo sguardo e al servizio di Dio, anche se, in conseguenza dei meriti acquisiti da Cristo nell’avere liberato le creature dal peccato e dalla morte e nell’aver loro aperto le porte dell’eterna felicità, quest’ultime risultano ora paradossalmente superiori agli angeli, per pura grazia: tanto che san Paolo si spinge ad affermare: “non sapete che giudicheremo gli angeli?” (1 Cor 6, 3). D’altra parte, all’unisono con tutti gli esseri creati da Dio nell’intero universo, i risorti alla vita eterna non faranno che acclamare con queste parole il Padre e il Figlio, indissolubilmente legati in una misteriosa relazione d’amore nota come Spirito Santo: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E, nel dire “amen” ovvero “sì, è proprio così”, tutti, indistintamente, si prostreranno in adorazione.  Ma tutto questo succederà per coloro che riconosceranno continuamente il Cristo risorto nel corso della loro esistenza terrena e saranno disposti, pur consapevoli dei loro limiti, a seguirne le orme, anche e soprattutto nella sofferenza e nell’angoscia di una dolorosa solitudine. E’ lo stesso Gesù a dire a Pietro e a quanti in quel Pietro trovino una solida e sicura fonte di ispirazione spirituale: «seguimi», seguitemi (Gv 21, 19).         

Francesco di Maria

 

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