Ognuno è quel che è. Postilla etico-esistenziale

Ognuno è quello che è, indipendentemente da quello che la società, spesso in modo casuale e irresponsabile, decide che debba essere. Può avere la qualifica di luminare o di incompetente, di persona virtuosa o di persona inaffidabile, di individuo lucido e lungimirante o di individuo confuso e gretto, e via dicendo. Ma ognuno è quello che è per quel che realmente pensa, dice e produce, nella sua ordinaria quotidianità di vita, in rapporto ad una gerarchia di valori e di competenze non sempre necessariamente coincidenti con criteri già acquisiti e consolidati di giudizio e di merito. Può raggiungere i gradi più alti della scala sociale, professionale, istituzionale, politica o militare, può diventare vescovo o papa, e probabilmente, con i loro atti e le loro opere alcuni confermeranno di meritare i titoli e i meriti loro riconosciuti, mentre altri ne resteranno ben al di sotto o dimostreranno di esserne notevolmente al di sopra. Il valore formale o nominale di ogni persona non sempre coincide con il suo valore reale —può infatti non coincidere talora per eccesso, talora per difetto — e, a dispetto di una pubblica opinione mossa quasi sempre da fattori psicologici ed emozionali, i fatti depongono nella loro intrinseca pur se non di rado  sfuggente oggettività a favore o a sfavore delle capacità dei singoli individui, sui piani più diversi della loro vita intellettuale e pratica.  

Purtroppo, la natura umana è tale da indurre ogni soggetto a valutare, in modi difformi e soprattutto non sempre rispondenti ad effettivi criteri di onesta e distaccata razionalità, cose e persone, capacità personali e capacità altrui, ma, a prescindere dalla maggiore o minore obiettività di giudizio che di caso in caso si riesca ad esprimere, ognuno è quello che è al di là delle critiche o degli apprezzamenti che potrà ricevere da parte di simili non necessariamente più illuminati e autorevoli di lui. Così,  tranne casi realmente e palesemente eclatanti, non si danno tribunali, né commissioni giudicatrici, né giurìe qualificate, né verifiche meritocratiche talmente attendibili, oculate, autorevoli e ineccepibili, da poter stabilire in modo certo e definitivo chi sia degno di biasimo o di censura e chi invece di lode o di ammirazione. Ma il mondo va come va anche se ognuno è quel che è e anche se il mondo non potrà mai impedire che sia quel che realmente è.

Il mondo continuerà ad arricchirsi di contributi umani, intellettuali, morali, sempre equivocati o travisati o più semplicemente avversati sulla base di transitorie e superficiali mode storico-culturali o di pregiudizi antropico-corporativi, e saranno sempre in pochi, sebbene molto attrezzati sul piano logico-conoscitivo, a sentirsi attratti dallo splendore della verità non meno che da pratiche umane, coerentemente vissute, di rettitudine e di giustizia. Ciò, tuttavia, non comporterà, in alcun caso, che ognuno sarà stato quel che il mondo ne avrà decretato, bensì quel che avrà potuto, voluto e saputo essere, contro ogni ostracismo e contro un giudizio mondano generalizzato che conta ma che non può condannare all’oblìo esperienze di pensiero e di vita che persino Dio potrebbe ancora giudicare degne di benevola e compiaciuta attenzione. Questo potrebbe o potrà accadere presto o tardi nella certezza etico-esistenziale che, come scrive Fernando Pessoa nel suo “Libro dell’inquietudine”, è preferibile «una sconfitta consapevole della bellezza dei fiori, piuttosto che una vittoria in mezzo ai deserti, una vittoria colma della cecità dell’anima». Diceva Freud che ognuno è quello che è non perché lo vuole, ma perché qualcosa nella vita lo ha reso tale. Può darsi che avesse ragione ma, anche in tal senso, resta vero che ognuno è quel che è e gli altri non possono togliere, né aggiungere nulla a quel che è o a quel che non è. Ognuno di noi, quando non sarà più, sarà stato quel che avrà amato. Per riprendere una magnifica espressione agostiniana, se avrà amato la terra non potrà essere che terra, e se avrà amato Dio è possibile che gli venga concesso di essere come Dio.

 Francesco di Maria

 

 

 

 

 

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