Durante la sua vita terrena, Maria non ebbe alcun potere visibile o appariscente, alcuna capacità di incidere direttamente, in un modo o nell’altro, su circostanze, eventi, situazioni umane di ingiustizia e sopraffazione, se non quello, molto significativo, di infondere nel cuore dei primi seguaci di Gesù fiducia, speranza, amore, gioia, nonostante le dure avversità e la persecuzione che essi dovettero subire e affrontare specialmente dopo la morte del divino Maestro. Ebbe solo un potere morale e spirituale su Gesù, quando gli chiese sommessamente, ottenendo, che una festa di nozze non fosse compromessa dalla mancanza di vino, oppure quando a Pentecoste, senza nulla chiedere in modo esplicito, su di lei, tempio per eccellenza dello Spirito Santo, e sugli apostoli raccolti in sua presenza, sarebbe disceso quest’ultimo in modo e con effetti prodigiosi. Per il resto, tutta la vita di Maria è quella di una donna senza potere, di una delle tante donne spesso in balìa di un potere ingiusto, malvagio, crudele, o, nel migliore dei casi, del tutto indifferente al destino, e persino alle più piccole necessità esistenziali, di uomini e donne.
Tuttavia, Maria non sarebbe mai stata una donna passiva, rassegnata e sottomessa alla superba volontà di ricchi e potenti, di individui dissoluti e sprezzanti, ipocriti e arroganti, cinici e violenti, tanto da farsi profetessa della superiorità del potere spirituale di origine divina, cui ogni essere umano può attingere, nei confronti di qualsivoglia forma di potere materiale e mondano. Infatti, il suo Magnificat cos’altro è se non un rovesciamento delle gerarchie terrene basate sull’esaltazione della forza, della ricchezza e della visibilità sociale e su categorie storico-mondane di natura prevalentemente immanentistica, utilitaristica, economicistica o produttivistica, pragmatica e culturalistica? Sotto il profilo storico-sociologico, Maria è certo una donna debole, in quanto donna che, con vecchi e bambini, nella società ebraica appare obiettivamente ai margini dell’agire sociale e lontana dal cuore pulsante della vita civile e culturale del suo tempo, ma sotto il profilo morale e spirituale la sua stessa debolezza sarebbe venuta assumendo una funzione profetica volta a rovesciare la logica del potere nell’ottica della logica divina che sceglie, nella terminologia paolina, «ciò che nel mondo è debole per confondere i forti o i potenti», entrando interamente nella vita di persone storicamente marginali. D’altra parte, non va dimenticato che, nell’ottica evangelica, la piccolezza e l’insignificanza sociale di Maria, il suo fidare esclusivamente in un Dio che molti suoi simili non riconoscevano, sono quelle di un soggetto umano di sesso femminile che avrebbe esercitato, per divina volontà, un potere inaudito, il potere più sorprendente che si possa immaginare, vale a dire quello «di far nascere Dio nel mondo» (von Balthasar), di concepire verginalmente l’infinito e di generarlo nel mondo e per il mondo. Con Maria si apprende in modo eclatante che le qualità esistenziali più irrilevanti da un punto di vista mondano, sono quelle che misteriosamente Dio trasforma in prodigiosi anche se non percepiti strumenti di potere, in virtù taumaturgiche spesso invisibili ma idonee a realizzare opere grandi e, per certi aspetti, non meno grandi delle stesse opere divine.
Come si potrebbe non rilevare, del resto, con ammirato ma enigmatico stupore, che, in una società in cui generalmente il corpo femminile veniva ritenuto impuro ed era oggetto di disprezzo, il leggiadro, etereo, corpo della giovane nazarena, insieme alla sua anima leggera e delicata ma profondamente impregnata di sovrannaturale presenza, diventasse il “contenitore” della cosa più sacra e dell’essenza stessa non già della mascolinità e quindi del liquido seminale (secondo un’idea, in parte ancora oggi, molto diffusa), ma della divinità e quindi del ben più fecondante spirito divino? Difficile da credersi, certo, ma proprio per questo ben esemplificativo della predilezione programmatica di Dio per le creature più dimesse e riservate, e anche per questo non di rado trascurate, discriminate, emarginate, e giudicate, in base a semplici apparenze e pregiudizi, meno adatte a ricoprire ruoli apicali di natura sociale, politica, culturale e scientifica, religiosa, o addirittura non meritevoli di particolare stima e considerazione umana.
In un certo senso, nel porre in essere il suo disegno salvifico, Dio sarebbe venuto subordinando paradossalmente la sua volontà a quella di una sconosciuta e anonima fanciulla di Nazareth, fidandosi unilateralmente di lei e non meno di come ella avrebbe sottomesso la propria volontà a quella divina nel corso della sua esistenza terrena, fidandosi ciecamente di lui. Non c’è dubbio, tuttavia, che, nel caso dell’esperienza mariana, la condizione di sofferta solitudine prodotta dal sentirsi esclusiva proprietà di Dio in un mondo abituato ad anteporre l’essere proprietari di beni materiali e immateriali all’essere proprietà di qualcuno o di qualcosa, e dal non poter e voler condividere emozioni, sentimenti, giudizi e aspettative molto diffusi tra gli esseri umani, sarebbe stata mitigata interiormente dalla gioiosa consapevolezza di essere “la serva del Signore”, sebbene la gioia di appartenere realmente ed intimamente a Dio comporti sacrifici, rinunce, impegni, sofferenze, oltremodo faticosi e dolorosi, mentre il trascorrere l’esistenza tra preoccupazioni ordinarie di vita e rassicuranti e gratificanti esperienze quotidiane non scevre magari da ricorrenti soddisfazioni ludiche, sentimentali o carnali, eventualmente sublimate attraverso un’attività più che altro apotropaica o propiziatoria di contrizione e di preghiera, non può che risultare funzionale ad una pur pesantissima leggerezza dell’essere.
Gesù, i rapporti quotidiani con lui, da una parte furono di grande aiuto a Maria, che visse unicamente in funzione del Figlio, ma chi provasse ad invidiare proprio per questo la Madre di Dio, probabilmente dovrebbe subito ricredersi non appena riflettesse sul fatto che, per Maria, Gesù avrebbe costituito anche, e con almeno pari intensità, motivo di costante e drammatica preoccupazione e, da un certo momento in poi, fonte di lancinante angoscia e inconsolabile dolore. Anche perché Maria, fino all’ultimo giorno di vita, non potette sapere fino a che punto ella, dopo la morte, avrebbe potuto partecipare alla realtà sovrannaturale, unitaria, unica, trinitaria, di Dio, e soprattutto non potette minimamente immaginare che un giorno sarebbe diventata così potente, anche materialmente potente in qualità di governatrice del Cielo e della Terra, sebbene, nella sua effettiva umiltà, fosse venuta magnificando in terra Dio con il carisma del vero combattente di Dio e con i toni ardimentosi che sono propri dei grandi condottieri del popolo di Dio. Al di là di queste notazioni di carattere psicologico-esistenziale, peraltro non incidenti sulla straordinaria natura oblativa e sacrificale dell’economia divina della salvezza, il cristiano è sempre più consapevole di come il potere della Madre di Dio e dell’umanità, dilatatosi smisuratamente una volta assunta in Cielo, avrebbe continuato ad essere operante anche nella storia dei popoli e degli Stati, in quanto ella, peraltro a capo di un invisibile e invincibile esercito di angeli, in ogni epoca ispira i pensieri e le azioni di spiriti liberi e forti in Cristo intervenendo periodicamente attraverso di loro e fino alla fine del mondo, pur senza interferire nelle libere scelte individuali e collettive, in contingenze economiche, politiche o militari, che, sotto la malefica influenza di Satana, potrebbero rivelarsi fatali per la stessa sopravvivenza del genere umano o di determinate comunità umane, come anche in vicende religiose che potrebbero risultare troppo sfavorevoli alla stabilità dottrinaria o alla sicurezza materiale e spirituale della Chiesa.
Tutto questo, tuttavia, non contrasta con l’avvento evangelicamente profetizzato di una “fine del mondo” che dovrebbe introdurre escatologicamente a quel nuovo cielo e a quella nuova terra destinati ad essere abitati dai salvati di ogni epoca, perché evidentemente la celeste influenza e la misericordiosa intercessione di Maria si inscrivono nei limiti di tempo assegnati ab aeterno da Dio a tutte le realtà terrene dell’umana esistenza. Non si tratta qui di voler essere catastrofisti, ma sbagliano tutti coloro, anche di fede cattolica, che danno della fine del mondo o della fine dei tempi un’interpretazione meramente soggettivistica, vale a dire come un monito rivolto ai singoli ad essere sempre pronti spiritualmente al ritorno del Signore (parusìa), che può avvenire in qualunque momento, perché sarà allora che ognuno di noi sarà giudicato. Questo è certamente vero ma i segnali che accompagneranno gli sconvolgimenti fisico-astronomici oltre che esistenziali del pianeta-terra e del genere umano che vi dimora, saranno di natura inequivocabilmente oggettiva e sono chiaramente indicati da Gesù: si susseguiranno sempre più frequentemente guerre tra i popoli che toglieranno la pace dalla terra (Mt 24, 7; Lc 21, 11; Mt 24, 12), carestie, terremoti, malattie, un aumento notevole della malvagità comprensiva anche, ma non unicamente, di quel fenomeno oggi qualificato come criminalità, donde verranno gli “ultimi giorni” chiamati giustamente da Paolo (2Timoteo 3, 1) “tempi difficili”.
Ecco, il potere di Maria, subordinatamente ma congiuntamente a quello di Cristo, verrà esercitandosi fino ad allora, fino alla fine dei tempi e in modi tanto concreti quanto imprevedibili e non di necessità percepibili pubblicamente, secondo quanto ella stessa aveva profeticamente attribuito al suo Dio nel Magnificat, nei confronti di gruppi di potere e di potentati politici di ogni genere, di centri economico-finanziari di diversa entità o di singoli possidenti variamente collocati nel sistema gerarchico della ricchezza, di grandi Stati come di piccole nazioni, di ricchi sfondati come di non abbienti desiderosi non solo di condizioni dignitose di vita ma anche di accedere ad elevate e ingiustificate posizioni di comando e benessere materiale. Ma, allo stesso tempo, verranno smascherate e portate gradualmente alla luce della coscienza e di una sempre più estesa, pubblica riprovazione, tutte quelle false, ipocrite e non di rado corrotte forme di rispettabilità sociale, di carità personale e comunitaria, di volontariato solidale, di privato umanitarismo o di cooperazione internazionale, di missionarismo religioso o etico-civile, che imperversano visibilmente nel mondo contemporaneo, producendo non già gli effetti virtuosi e benefici che dovrebbero produrre se si trattasse di reali e sani fenomeni etici e religiosi ma effetti devastanti e destabilizzanti sia nell’ambito delle relazioni interpersonali di natura affettiva e sentimentale, familiare, sociale, sia nel quadro dei princìpi e dei valori universali della vita civile e della storia umana.
Da un certo momento in poi, i misfatti, i crimini, le oscenità, non potranno essere più contenuti, in qualche modo nascosti dietro pur imbarazzanti e goffe menzogne oppure per mezzo di pur sofisticate e sempre più inattendibili razionalizzazioni intellettuali. Tutto il male generatosi in secoli e secoli di presunto progresso umano raggiungerà un tale grado di densità espansiva da non risultare più permeabile allo sforzo umano di rimuoverne o limitarne, ai fini della civile convivenza e della sopravvivenza stessa di un’umanità pensante e senziente, le componenti e le implicazioni più aggressive e letali. Tutti quei poteri mondani, carichi di perfidia e inganno, di rovinosa rapacità e di cinica e reiterata indifferenza per le esigenze più sane e profonde degli esseri umani; tutti quei poteri mondani che, sia pure ancora in forme embrionali e tuttavia già abbastanza significative e preoccupanti, Maria aveva sempre umanamente temuto, tenderanno probabilmente a soverchiare le tradizionali capacità culturali, educative, politiche, giuridiche, istituzionali, cumulatesi positivamente nel corso della multimillenaria civiltà umana, e non rivelandosi più sufficiente l’impegno di uomini e donne a farvi fronte, il Signore, e al suo fianco Maria, saranno costretti a porre rimedio e termine ad un malessere spirituale non più reversibile del genere umano. Quando apparirà incontrovertibile che la storia dell’umanità non sia più compatibile con la storia della salvezza, o che questa, resa possibile da Dio, non sia più funzionale alla prima, ma da essa irrimediabilmente divergente o ad essa addirittura antitetica, l’intervento di Cristo sarà necessariamente definitivo e radicale: farà iniziare la nuova storia di una vita senza fine di cui potranno beneficiare solo i salvati, i «giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio» (1 Cor 6, 11).
Soprattutto da questo punto di vista, l’indefettibile e santa maternità di Maria resta totalmente in linea con tutto ciò che prevede il piano escatologico-soteriologico del Padre e del Figlio indissolubilmente uniti da una speciale ed esclusiva relazione d’amore quale è quella espressa dallo Spirito Santo da cui, come è noto, Maria è stabilmente ed eternamente abitata. Che ella sia madre di misericordia non deve infatti indurre a pensare che l’impertinente seppur innocente e altruistica richiesta di aiuto rivolta a Gesù durante le nozze di Cana possa ripetersi anche nel quadro della vita e delle attività celesti, non solo perché Maria non potrebbe amare le creature più di quanto ami il Signore ma anche perché la stessa esperienza terrena le ha insegnato come non possa esistere amore più grande verso le creature di quello esercitato dal Dio giusto e misericordioso rivelatosi evangelicamente. Se Maria non ha mai temuto ma, pur subendone danni rilevanti, ha sempre fronteggiato con grande dignità i malefici poteri del mondo, ciò è avvenuto solo perchè consapevole che l’unico potere degno di essere temuto e amato ad un tempo fosse quello derivante dalla perfetta e misericordiosa giustizia divina. Era questo il potere che lei avrebbe ereditato, che lei misteriosamente avrebbe continuato a finalizzare, sia pure attraverso i processi tortuosi e le resistenze molto forti della vita e della storia, alla costruzione del Regno di Dio in terra, che lei avrebbe esteso nei secoli ai più fedeli seguaci del Figlio suo, ovvero a coloro che non avessero mai voluto piegarsi, in ottemperanza agli insegnamenti del Cristo, ai violenti e talvolta anche seducenti poteri del mondo. Così, il potere di Maria, per motivi comprensibili al credente ma per vie sostanzialmente imperscrutabili, ha finito per fare tutt’uno con il potere di Dio: converrà tenerne responsabilmente e devotamente conto, perché coloro che, per grazia divina dovuta anche alla sua sapiente intercessione, ne potranno e sapranno usufruire, acquisteranno il potere di diventare gloriosi figli di Dio.
Questo potere divino e mariano verrà manifestandosi distintamente nella fase più caotica e oscura della storia umana attraverso un susseguirsi di avvenimenti sempre meno governabili razionalmente e di contrapposizioni sempre più esasperate da egoismi di parte, allorchè un groviglio inestricabile di passioni irrazionali verrà frapponendosi stabilmente ad ogni possibilità di rigenerazione morale e rinascita civile e sospingendo l’esistenza collettiva in un tunnel senza via d’uscita. Quando parole come progresso, emancipazione, dignità, eguaglianza, giustizia, pace, verranno denotando significati fattuali talmente generici o astratti da risultare esattamente antitetici a quelli che di principio dovrebbero implicare, quando dal corpus della conoscenza umana sarà bandita fino all’irrilevanza ogni forma di sapere pure autorevole ma estranea a collaudate pratiche teorico-sperimentali della scienza e l’universalità dell’umana moralità verrà ridotta a facoltà meramente soggettiva di elaborare e scegliere valori e modelli di comportamento, quando la stessa fede religiosa e cristiana, ormai esclusivamente declinata in chiave storico-umanitaria, sarà divenuta paradossalmente unidimensionale, il mondo creato da Dio, ormai saturo di peccato e di cecità spirituale inemendabili, non avrà più ragione di essere in quanto chiuso ad ogni ulteriore opportunità di salvezza.
Né Dio, né la sua fedele Regina potranno assistere inerti alla degenerazione sistemica dell’ordine divino di valori e norme, cui potrebbe tenacemente opporsi solo la testimonianza di fede ancora sincera di un “piccolo resto” rimasto obbediente al Signore e partecipe delle sue sofferenze, all’abnorme e pressochè incontrastata diffusione di un amore definalizzato per il potere e unicamente funzionale all’ossessiva celebrazione dell’io: sarà la fine della storia redentiva dell’umanità e avrà inizio la storia eternamente trionfale del Regno di Dio, sarà il momento in cui l’ultramillenario amore del potere sarà definitivamente soppiantato dal ben più glorioso potere dell’amore in Cristo. Scriveva san Luigi Maria Grignion di Montfort, nel primo capitolo del suo celebre “Trattato della vera devozione alla santa Vergine”, che «il potere di Maria su tutti i diavoli risplenderà particolarmente negli ultimi tempi, quando Satana tenderà insidie al suo calcagno, cioè ai suoi umili schiavi e ai suoi figli poveri che ella susciterà per fargli guerra. Saranno piccoli e poveri agli occhi del mondo, e bassi davanti a tutti come il calcagno, calpestati e perseguitati come lo è il calcagno rispetto alle altre membra del corpo; ma, in cambio, saranno ricchi della grazia di Dio, che Maria distribuirà loro abbondantemente; grandi ed elevati in santità davanti a Dio, superiori a ogni creatura per il loro zelo ardente, e così fortemente sostenuti dall’aiuto divino, che con l’umiltà del loro calcagno, in unione con Maria, schiacceranno la testa del diavolo e faranno trionfare Gesù Cristo».
Il mondo dei semplici, degli umili, degli indifesi e degli esclusi, sarà sempre insidiato dal dominio di Satana e di coloro che si predispongono a subirne supinamente l’influenza. Senonchè proprio questo mondo è il mondo d’elezione di Maria, quello meno protetto, meno visibile, più vulnerabile, più infimo ed esposto alle tentazioni diaboliche, quello maggiormente preso di mira da Satana e dalle passioni irrazionali che esso scatena incessantemente nella storia di uomini e donne, anche perché esso è il mondo delle creature più sensibili al bene e alla giustizia che, benchè talvolta prese dalle spirali del peccato, sono più spesso chiamate da Dio a far parte della sua Chiesa, per alimentarne e rafforzarne lo spirito di lotta contro il maligno che vorrebbe impedire loro di aspirare alle celesti realtà create da Dio per la loro eterna felicità. E, poiché Maria è colei che è stata preposta da Cristo a generare a nuova vita tutti coloro che non fossero stati indifferenti al richiamo della verità e dell’amore divini, ad aprire loro le porte del paradiso, essendo lei stessa il paradiso, ancor più di Pietro e di tutti i più degni apostoli del Figlio, sarà sempre Maria a lasciarvi entrare le creature e solo le creature che avranno dimostrato, nonostante ogni difficoltà, di volersi convertire, con piena convinzione, ad una vita di santità.
E’ significativo che in molte icone russe la Vergine Maria sia rappresentata come “Dominatrice del mondo”, come la donna non più asservita all’insubordinata e immonda volontà di Satana, non più schiava di perverse e invereconde passioni, ma pienamente capace di governare e controllare razionalmente i suoi pensieri, i suoi istinti, le sue pulsioni, la sua condotta, sia per obbedire alla volontà di Dio, sia e di conseguenza per onorare la sua dignità di creatura destinata a partecipare alla gloria divina. L’Immacolata Concezione, in quanto prototipo o archetipo divino della donna, per effetto di un privilegio divino ma anche del suo esemplare sforzo umano di aderire totalmente alla divina volontà, sarebbe stata assunta in Cielo come Regina degli esseri terreni e degli esseri celesti, di quelli visibili e di quelli invisibili, e, in virtù della sua inconsueta e incomparabile umiltà, sarebbe stata proclamata quale creatura più potente del più potente nemico di Dio e degli uomini, quale combattente intrepida e invincibile di Dio (di cui ho trattato nel mio volume F. di Maria, Maria combattente di Dio, Romagnano Al Monte, Booksprint Edizioni, 2018). L’umiltà di Maria, beninteso, va apprezzata non perché ella non sia stata anche molto intelligente, intuitiva e moralmente anticonformista, ma perché è l’umiltà del suo essere, il non sentirsi né particolarmente dotata né più importante dei suoi conterranei, anzi il sentirsi del tutto insignificante, il fattore decisivo della difficile scelta che avrebbe compiuto: non conformarsi alle logiche realistiche del mondo per assecondare il Logos alternativo ma fortemente divisivo, prima e oltre che pacificatore, di Dio.
Quella che è venuta emergendo nei secoli è soprattutto l’immagine di una Maria remissiva, servizievole, edificante, consolatoria, ma quel che avrebbe prodotto in lei la sua umiltà è piuttosto un non comune spirito di combattività, una vigorosa e coraggiosa militanza spirituale e religiosa. Per quanto “umile serva del Signore”, anzi proprio per questo, sarebbe diventata la combattente per antonomasia della Parola di Dio e della Chiesa di Cristo, nel senso che nella storia religiosa d’Israele e dello stesso popolo cristiano non esiste una figura analoga di guerriera della fede che si innalzi alla statura di Maria, trovandosi quindi potentemente impegnata, prima sulla terra, poi dal Cielo, tanto nella vita personale di ognuno di noi quanto in quella collettiva dei popoli, nella lotta contro l’ancestrale e misterioso avversario della divinità. Umile e misericordiosa, certamente, ma in quanto ardimentosa combattente di Dio che non esita, con il suo calcagno e il suo manto di battaglia, a schiacciare la testa al serpente velenoso e mortifero. Certo, la Madre della misericordia è anche colei che deve assolvere, al pari della stirpe che ne sarebbe discesa, la funzione sovrannaturale di schiacciare la testa del serpente (Gn 3, 15).
Contrariamente a quanto oggi non di rado si sostiene nel quadro di una certa teologia cattolica della chiacchiera, non sussiste alcuna contraddizione o incongruenza, sul piano biblico, tra l’umiltà, tra l’umile amore del credente e il suo spirito di giustizia. Non è che, per umiltà, il seguace di Dio, si debba rifiutare di riconoscerne e lodarne la giustizia, che peraltro è una faccia essenziale della verità e l’altra faccia della compassione o della misericordia, in quanto Dio stesso guarda ammirato l’umiltà dei suoi veri servi, a cominciare da Maria, ma poi, premesso che la sua misericordia, pur non essendo selettiva di principio, si stende, tuttavia, non in modo indiscriminato ma solo su quelli che lo temono, egli dispiega la forza, la potenza del suo braccio, disperdendo i superbi, rovesciando i potenti, allontanando i ricchi, proprio mentre provvede a esaltare gli umili ovvero i semplici, i miti, i giusti, i discriminati, gli emarginati, gli oppressi e i perseguitati, i poveri di spirito, e a ristorare gli affamati.
A Maria viene semplicemente estesa una prerogativa divina: quella di fare giustizia, quella di ristabilire il giusto e santo equilibrio tra le ragioni e i torti degli esseri umani, quella di premiare gli spiriti innocenti, ravveduti e convertiti, immettendoli in una condizione di eterna felicità, e di punire gli spiriti impenitenti e deliberatamente recidivi nel peccato. Maria non poteva immaginare, nel corso della sua vita terrena, che un giorno sarebbe diventata la più potente collaboratrice di Dio uno e trino fin quasi a fare tutt’uno con Lui, anche se nella sua effettiva e non fittizia umiltà era venuta magnificando il Signore con il carisma del vero combattente di Dio. Ma Maria non combatte solo nel nome e per conto di Dio, non combatte solo in funzione dell’avvento del Regno di Dio; combatte anche con Dio oltre che con i suoi simili in rapporto ai quali sarebbero sorti inevitabilmente conflitti e incomprensioni che avrebbero prodotto significative ripercussioni nella sua interiorità. Ma con quale strumento, con quale arma Maria avrebbe combattuto con Dio? Con la preghiera: continua, intensa, appassionata, talvolta tormentata, sempre profondamente ispirata. Con la preghiera, avrebbe ingaggiato con Dio una lotta simile a quella di Giacobbe con Dio, anche se in un diverso contesto storico-esistenziale. A seguito di quella lotta, Giacobbe era venuto esprimendo le sue contraddizioni interiori, i suoi limiti, le sue debolezze, le sue colpe, le sue ansie, la sua necessità di ricevere il perdono e la benedizione di Dio, sentendosi cambiare il nome, proprio a seguito di essa, in Israele, che significa “colui che ha lottato con Dio”, donde poi anche, data la santità di tale lotta, “colui che combatte per il Signore” o “combattente di Dio”. Ma la vera combattente di Dio, tanto devota e timorosa di Dio quanto benevola e caritatevole verso il prossimo, sarebbe stata Maria di Nazareth.
In modi probabilmente diversi da quelli dell’antenato, anche la preghiera di Maria avrebbe avuto ben poco di convenzionale e molto di rispettosamente confidenziale, quasi che Dio fosse una vecchia, autorevolissima e carissima conoscenza della giovane nazarena. Mentre prega Maria non ha alcun dubbio sulla reale identità di Dio: egli è giusto e misericordioso ad un tempo, comprensivo ma esigente, amorevole ma anche severo, amante della pace ma ancor più del sacrificio che occorre per conquistarla. E la preghiera di Maria sarà stata verosimilmente molto intima e serrata, seppur completamente sottomessa all’ascolto della Parola di Dio, proprio perché consapevole della complessità, della non schematicità, della non unilateralità della identità divina, del non potersi quest’ultima ridurre a categorie o a proiezioni antropomorfiche. La sua preghiera, quale viene profilandosi attraverso il “Magnificat”, esprime la coscienza dei propri limiti, dei propri dubbi, della propria pochezza umana, ma soprattutto il bisogno esistenziale primario di non poter vivere senza Dio, senza un Dio tenerissimo e debolissimo con quanti sinceramente lo cercano o non intendono separarsene, durissimo e inflessibile con quanti reiteratamente lo respingono o preferiscono non incontrarlo. La preghiera di Maria non è quella di un’anima bella che percepisce e interpreta la vita in chiave mistica senza essere capace di uscire da se stessa per affrontare l’esistenza nella sua reale problematicità, nelle sue contraddizioni, nei suoi conflitti; ella si rivolge ad un Dio che conosce bene le cause del disordine e della violenza terreni, che scruta profondamente il cuore degli uomini, che prima o poi saprà e vorrà rimettere le cose a posto ristabilendo il suo ordine e la sua legge e tenendo con sé le creature che si saranno sforzati di rispettarli.
Quella mariana non è perciò una preghiera distaccata, asettica, formale, puramente liturgica, ma una preghiera impegnata e mossa da un amore viscerale, non equidistante, non neutrale, ma determinato, militante, combattivo, come è quello di Dio stesso allorchè si tratti di impedire che a poter essere compromessa sia la natura eterna del Logos divino, che la sua verità, il suo amore, la sua giustizia, la sua stessa verginale concezione della vita possano essere messe seriamente in discussione dall’arbitrio e dalla volontà trasgressiva delle sue creature. Forse il Signore Dio, al momento della creazione, non si limitò a trarre Adamo ed Eva dal suolo della terra rendendoli esseri viventi con il soffio del suo spirito, forse si spinse persino a baciare quella terra fangosa: in quel momento nacque non solo l’umanità che avrebbe peccato e si sarebbe dannata, ma anche una diversa umanità che l’avrebbe redenta e salvata per l’eternità. In quel momento nacque Maria che avrebbe donato al mondo creato il suo Salvatore.
Francesco di Maria