Nell’individuo esiste una pulsione aggressiva indipendente dai condizionamenti ambientali, sociali e culturali, e tale pulsione si manifesta sul piano psicologico, sessuale, socio-relazionale, come tendenza istintiva dell’io ad affermarsi. Ma nell’individuo esiste anche una pulsione inibitoria dipendente in vario grado dalla coscienza morale, che tende a frenare o a controllare gli impulsi inconsci dell’io, le sue forze istintuali più spontanee e talune sue scomposte o irrazionali reazioni caratteriali. La vita psichica dell’individuo oscilla sostanzialmente tra queste due polarità, o meglio consiste in un equilibrio instabile, precario, conflittuale, tra una pulsione aggressiva originaria e indipendente e una pulsione inibitoria o repressiva relativamente acquisita o dipendente. La lotta fra queste forze contrapposte produce come esito caratteristico della vita personale degli esseri umani la nevrosi. Non so se e in che misura mi sia allontanato dagli studi freudiani, ma, in qualunque modo li abbia qui pur schematicamente utilizzati, mi pare che in questi termini si possa tracciare un profilo psicoanalitico generale sufficientemente corretto dell’individuo contemporaneo. Continua a leggere
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Il papa e la Grande Madre Russia
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I padri della grande Madre Russia, sotto l’egida politica di Mosca, sono zar come Ivan il Terribile, Pietro il Grande, Caterina II, tutte figure politiche in parte illuminate, in parte crudeli e sanguinarie non solo verso i popoli vinti e assoggettati ma anche verso i ceti sociali inferiori a quello autocratico russo e a quello aristocratico e militare, e soprattutto animate da una reiterata e incontrollata volontà di potenza che li avrebbe portati ad unificare con la forza tutti i popoli scaturiti dalla decomposizione dell’impero mongolo, sotto il cui giogo sia Mosca che altri grandi principati russi erano rimasti tra il XIII e il XV secolo e di cui avrebbero ereditato il senso politico e burocratico dello Stato, e successivamente dell’impero bizantino da cui la cultura russa avrebbe ereditato la spiritualità e il credo cristiano. Quindi, la grande maternità della Russia si riferisce al fatto che da essa sarebbe nato, di fatto, un grande e potente impero costituito da tutti i popoli e le unità etniche volta per volta conquistati con guerre devastanti e tuttavia mai volontariamente disposti a rinunciare alle proprie identità nazionali. Anzi, molti di questi popoli sottomessi avrebbero a loro volta avvertito la stessa spinta espansionistica dei russi cui si sarebbero sempre opposti con grande fierezza, tanto da dar luogo ad un analogo mito fondante con relative denominazioni di Grande Ucraina, Grande Polonia, Grande Cecenia, Grande Ossezia e via dicendo. Continua a leggere
Machiavelli, un’etica pubblica e la buona politica
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Che la politica sia autonoma dall’etica, secondo l’intramontabile lezione di Niccolò Machiavelli, significa che i suoi princìpi teorici, tattici e strategici, le sue dinamiche comportamentali e istituzionali, le sue pratiche propositive, contestative o governative, non possono essere giudicati sulla base di criteri etici e morali cui sono soggetti invece tutti gli altri pensieri e azioni degli uomini. Con e dopo Machiavelli gli uomini politici avrebbero appreso che la politica si colloca al di là del bene e del male e non deve render conto a nessuno delle sue pratiche se non nei limiti in cui lo richiedano le circostanze e la stessa ragion di Stato, il cui nucleo fondativo è costituito dal principio tuttavia etico del bene comune1. Come ricorda il filosofo Maurizio Viroli, l’idea della separazione o indipendenza tra politica ed etica corrisponde all’interpretazione che davano due importanti storici italiani di orientamento laico come Benedetto Croce, che si può considerare uno storico-teorico, e Federico Chabod, che va incluso tra i maggiori studiosi di storia moderna e contemporanea del ‘900.
Sul pensiero morale e politico di Cesare Luporini
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Cesare Luporini ebbe molto a cuore e sottolineò ripetutamente il ruolo della soggettività umana nella vita e nella storia degli uomini. Prima come esistenzialista, poi come marxista, egli non avrebbe mai parlato della soggettività umana solo come di una astratta e sia pure essenziale categoria filosofica, ma come elemento costitutivo della natura umana e delle strutture oggettive della realtà storico-sociale. Ne avrebbe sempre fatto uso, altresì, in relazione a specifiche e concrete forme storiche di soggettività: quella del movimento femminile e femminista, dei movimenti giovanili, ambientalisti, antimilitaristi e pacifisti, oltre quella dello stesso partito comunista alla quale le altre forme di soggettività non sarebbero mai risultate riducibili. La classe operaia non era più l’unico soggetto della storia, in quanto ad essa si aggiungevano ora nuovi soggetti dell’antagonismo teorico-culturale e della lotta sociale e politica, e ognuno di essi si presentava con un suo specifico modo di pensare, sentire, agire, essere, in rapporto a concrete, determinate, cogenti situazioni dell’esistenza. Continua a leggere
Il vezzo accademico della complessità
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Si tratta in vero di un vezzo umano, che si manifesta tuttavia in forma tipica particolarmente nell’atteggiamento mentale e nel gergo dell’accademico. Se voi parlate con un logico professionista, con uno di quei logici accademici che leggono montagne di libri, di saggi, articoli specialistici, atti convegnistici e seminariali, non tanto per capire quel che dicono e pensano altri studiosi della loro stessa disciplina quanto per non restare quantitativamente arretrati rispetto alle conoscenze e alla novità del settore, vi sentite spiegare virtualmente, perché molto di quel che dicono non sempre risulta poi così chiaro e incontrovertibile come essi pensano, che, quando la gente comune o mediamente istruita viene proponendo ragionamenti in qualsiasi campo dello scibile umano, in realtà il valore logico del suo argomentare è molto scarso e inefficace rispetto alle più sofisticate ed evolute acquisizioni teorico-linguistiche della logica. Continua a leggere
Husserl: una lezione per l’oggi*
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Husserl sapeva che la scienza fosse strumento teorico e pratico di avanzamento civile e culturale per il genere umano e non ne avrebbe mai messo in discussione l’insostituibile funzione rischiaratrice ed emancipativa. Ne avrebbe denunciato, però, le ricorrenti crisi, in particolare quella del Novecento, letta come espressione della radicale crisi di vita dell’umanità europea. La scienza nasce dalla vita, dal mondo-della-vita, da un mondo di esperienze intuitive e precategoriali, che essa, nello sforzo astraente di tradurle in oggetti di formalizzazione logica, tende a dimenticare e a rimuovere dal contesto etico-esistenziale da cui muove e in cui trova le sue stesse finalità il lavoro scientifico. Tale contesto è quello della soggettività e, al tempo stesso, della intersoggettività, e la scienza viene assumendo di conseguenza un duplice movimento: quello della curiosità, dell’esperienza e dell’interrogazione soggettive di singoli individui, e quello della partecipazione collettiva di gruppi umani sempre meglio organizzati ad una elaborazione teorico-sperimentale quanto più possibile precisa e attendibile dei dati, delle intuizioni, degli studi, delle semplici congetture di volta in volta emergenti da ricerche embrionali o non ancora formalizzate suscettibili di convertirsi in proposizioni, teorie, ipotesi, di acclarato e specifico valore scientifico. Continua a leggere
Michela Murgia, una forma molto dubbia di cattolicesimo
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Solo ora che è morta, apprendo che Michela Murgia sarebbe stata una credente di fede cattolica. Non è una battuta sarcastica, che sarebbe di pessimo gusto, ma la pura e semplice verità. Non ho mai sospettato che Murgia potesse sentirsi cattolica, e dico sentirsi perché, lo dico con molto rispetto, cattolica oggettivamente non è stata, né sul piano dottrinale, né su quello teologico, né su quello etico e culturale, mentre ho sempre sospettato che, tra le principali cause del suo antiautoritarismo viscerale e della sua esibita trasgressività, si dovesse includere il pessimo rapporto che ella, come lei stessa riconosce, avrebbe avuto con la figura paterna1 (Intervista di S. Marchetti, Addio a Michela Murgia, l’ultima intervista: “il tempo migliore della mia vita”, in “Vanity Fair” del 10 agosto 2023). Il giudizio ultimo, come al solito, spetta al Signore, e spero di cuore che sia antitetico al mio, ma, per quel che mi è consentito di capire e testimoniare in qualità di battezzato in Cristo, non mi pare sussistano elementi che autorizzino a considerarne il pensiero e la vita come fedelmente conformi alla dottrina e ai valori del cattolicesimo.
Etica senza metafisica? Una questione aperta
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E’ di tutta evidenza che l’etica, incentrata sullo studio delle possibili condizioni di sussistenza e di perseguibilità del bene in relazione al comportamento dell’uomo considerato sia nella sua individualità isolata che nel suo essere relazionalità comunitaria o collettiva, non possiede una struttura logico-metodologica e una potenza euristica come quelle di cui appare dotata la scienza. Questo però non significa che l’etica non possa e non debba avere rapporti significativi con la scienza stricto sensu e, soprattutto, con gli effetti epistemici che il suo sviluppo storico viene di continuo producendo, anche perché la scienza non costituisce una realtà chiusa in se stessa ed autosufficiente ma è pur sempre un’emanazione, certo complessa, articolata e oltremodo sofisticata, dell’umana razionalità, per cui non sarebbe mai possibile ridurre quest’ultima a pura razionalità scientifica.
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Wittgenstein, la pluralità dei linguaggi e il problema del senso
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Ludwig Wittgenstein scrive nel Tractatus che avrebbe potuto comprendere le sue riflessioni solo chi avesse già avuto «pensieri simili», ammettendo così implicitamente che la sua comunicazione filosofica potesse rischiare di apparire o risultare incomunicabile. Non era propriamente un modo di proporsi quale ortodosso interprete dello spirito scientifico moderno, che ha il suo fulcro, com’è ben noto, nel principio per cui le osservazioni, le interpretazioni, le scoperte della scienza, devono poter risultare tanto accertabili e riproducibili quanto comunicabili e condivisibili con tutti i membri della comunità scientifica internazionale, indipendentemente dalle convinzioni già acquisite da ognuno di essi. La conoscenza diventa scientificamente universale allorchè essa, pur nel quadro di posizioni ancora o provvisoriamente diverse e contrastanti, finisce per essere condivisa e acquisita come ipoteticamente plausibile da tutti gli scienziati, sia pure non senza che essi possano esprimere precisazioni e riserve di carattere logico-metodologico o procedurale. Solo in tal modo, ovvero attraverso la comunicabilità del sapere scientifico e una scienza estensibile a chiunque, una scienza pubblica condivisa, può evitarsi il rischio di una “scienza privata”, meramente individuale, non confrontabile, non riscontrabile, non integrabile, da cui non potrebbe derivare alcuna forma oggettiva di conoscenza. Continua a leggere
Cambiamenti climatici. La scienza divisa.
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Parlo di scienza divisa perchè quello enunciato nel titolo è un tema su cui la scienza, o meglio gli scienziati, sono divisi, a dispetto delle polemiche cosiddette antinegazioniste che vengono oggi muovendo dogmatici e fanatici sostenitori dell’idea che la natura si stia vendicando dei reiterati misfatti contro di essa compiuti dagli uomini, che è ciò che solo in una certa misura si può tranquillamente accettare. Bisogna dire chiaro e tondo, secondo questi sacerdoti di una natura senza Dio, che fenomeni sempre più frequenti e costanti di riscaldamento globale con cambiamenti climatici ad essi associati sono dovuti prevalentemente ad azioni dannose che gli uomini esercitano sulla natura. Se tali cambiamenti fossero stati prevalentemente naturali, argomentano, e quindi legati a processi ciclici di cambiamento naturale del clima, gli uomini avrebbero potuto solo difendersi dalle leggi di una ‘natura maligna’, mentre la certezza scientifica che essi siano prodotti da improvvidi e scellerati comportamenti umani, a loro volta determinati da avidità di guadagno, da semplice incuria ambientale e, spesso, da semplice stupidità, offre ancora la possibilità di agire sulle cause umane di tanti disastri naturali per contrastarne l’irreversibilità o, almeno, limitarne gli effetti. Continua a leggere