di Aldo Maria Valli
Papa Francesco ha fatto della misericordia di Dio il tema centrale del suo insegnamento. A più riprese, fin dai primissimi momenti del pontificato, ha parlato di Dio come padre misericordioso che ama le sue creature con tenerezza e perdona ogni peccato di coloro che si rivolgono a lui con cuore pentito. Ha sottolineato che Dio ama per primo, senza condizioni, e che ricorrere alla sua paternità amorosa è la miglior medicina contro ogni tipo di sofferenza. Il Dio dei cristiani, ha detto utilizzando il suo linguaggio colorito, non è un «Dio spray», nebulizzato, vago e indeterminato, ma è padre, un padre buono che non si stanca di cercarci e di perdonarci: il nostro rapporto con Dio è dunque diretto, è un autentico rapporto filiale. Con Dio possiamo e dobbiamo parlare, senza paura, senza reticenze, senza temere di provare il senso di vergogna. E dobbiamo utilizzare lo strumento della confessione, il mezzo più efficace per riconciliarci con il Padre e riprendere il cammino con fiducia.
Dal punto di vista dottrinale non si tratta certamente di un insegnamento rivoluzionario. Francesco non ha fatto che ribadire alcuni punti centrali della fede cristiana. Ma allora perché si parla tanto di «rivoluzione» di Francesco? Perché le sue parole sono apparse così nuove? E perché tante persone che si erano allontanate dalla Chiesa avvertono che ora, con Francesco, la distanza si sta riducendo? Continua a leggere








