di Tommaso Chiaromonti
Al Meeting di “Comunione e Liberazione” il presidente Mattarella ha affermato che, anche al fine di sconfiggere il terrorismo contemporaneo e di salvaguardare gli Stati democratici occidentali, «il dialogo tra le fedi è oggi una necessità storica, è una condizione per conquistare la pace. Il dialogo tra le fedi è un atto di umiltà, che può riconciliarci con la storia dell’uomo. E’ questo un tema di grande valore spirituale, che ha fortissime implicazioni politiche e sociali. Dialogo tra credenti di religioni diverse, dialogo sul destino dell’uomo tra credenti e non credenti: ecco un terreno sul quale la cultura europea può dare, ancora una volta, un apporto straordinario». Ora, non per essere pignoli, ma solo per contribuire a chiarire un punto di fondamentale importanza nel quadro delle relazioni tra popoli e civiltà, nel messaggio di Mattarella due concetti molto diversi fra loro tendono ad accavallarsi e a confondersi. Infatti, una cosa è parlare di “dialogo tra le fedi”, altra cosa è parlare invece di “dialogo tra credenti di religioni diverse”. Almeno per quanto riguarda i cristiani, infatti, è del tutto lecito e anzi doveroso che essi, nelle ordinarie dinamiche della vita, dialoghino sempre con gli altri e con chiunque si faccia oggettivamente prossimo nei loro confronti, a prescindere dalle loro convinzioni personali, dalla loro cultura o religione. Un sorriso, una mano d’aiuto, un atto di comprensione e di generosità, in linea di principio, non possono essere rifiutati a nessuno: questo insegna Gesù. Continua a leggere