Come dare torto a chi, non da oggi, ipotizza con argomentazioni non poco incisive che anche la Corte di Cassazione, organo giuridico peraltro non certo infallibile al pari di tutto ciò che è umano, sia tutt’altro che ermeticamente chiusa alle pressioni e alle istanze degli ambienti mafiosi. Ogni tanto i giudici della Cassazione (non tutti, naturalmente) si illudono che il tempo sia capace di far dimenticare persino i peggiori crimini e che la si possa far franca nell’aiutare delinquenti, criminali e mafiosi di ogni genere a ritornare in uno stato di libertà. Fortunatamente, almeno quando si ha a che fare con delitti efferati che abbiano avuto per bersaglio una moltitudine di persone e di persone spesso non solo innocenti ma dedite a servire lo Stato e la collettività, le decisioni della Cassazione non passano inosservate né vengono commentate con disincantato distacco ma assumono una tale risonanza sociale oltre che mediatica da farle apparire per quel che sono, cioè il frutto di una gratuita e illecita concessione giudiziaria, al di là delle attività legalmente svolte a difesa di questo o quel personaggio, ad ambienti e soggetti legati verisimilmente a doppio giro di filo con oscure ma sempre attive forze eversive operanti nei principali gangli economici, amministrativi, politici e giuridici dello Stato. Continua a leggere
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Ghizzoni, un “gentiluomo”?
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di Aurelio Vitelli
Scrive oggi il quotidiano “La Repubblica” che «l’unica persona che con una sola parola può…fugare quel sospetto», cioè che la Boschi abbia effettivamente chiesto nel 2015 all’amministratore Delegato di Unicredit di intervenire a favore di Banca Etruria, «si ostina a tacere: è Federico Ghizzoni», un manager che ormai «è un privato cittadino, ma» che «a questo punto ha il dovere civico di parlare. E invece non lo fa. Cosí il suo “no comment” diventa sempre più fragoroso. E il suo silenzio somiglia sempre di più a un assenso. Del resto, non si vede proprio perché uno dei più autorevoli giornalisti italiani avrebbe dovuto inventare una notizia di questa portata». A prescindere dall’ultima dogmatica e risibile considerazione, per cui un autorevole giornalista come De Bortoli non possa inventare o raccontare una frottola, ieri Ghizzoni aveva dichiarato in risposta alla domanda «dottor Ghizzoni, ma Maria Elena Boschi le ha chiesto di comprare l’Etruria?»: «Su questo l’ho detto: no comment». Ed effettivamente questo “no comment” induce a pensare che l’ex ministro Boschi le abbia chiesto qualcosa a proposito della Banca Etruria, dove lavorava il padre in qualità di vicepresidente. Ma, nel rispondere in questo modo, Ghizzoni dimostra che non è affatto quel “banchiere gentiluomo” che qualche autorevole giornale ha voluto definire cosí. Continua a leggere
De Bortoli tra avventurismo e scandalismo
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di Walter Molisano
E’ una situazione grottesca: Ferruccio De Bortoli afferma e ribadisce le sue accuse a Maria Elena Boschi, perché fondate su “fonti attendibili”, e quest’ultima risponde che è tutto falso e che “la misura è ormai colma”. Come si sa, l’accusa è che la politica toscana del PD avrebbe fatto pressione nel 2015 su Federico Ghizzoni affinchè Unicredit, la principale banca italiana e uno dei più forti gruppi finanziari europei di cui per l’appunto Ghizzoni era amministratore delegato, comprasse la Banca Etruria in cui Pierluigi Boschi, padre della deputata toscana, assolveva la funzione di vicepresidente.
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Quale donna libera?
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Già diversi anni or sono, in un articolo molto arguto e meritevole di attenzione, la giovane giornalista Laura Novak scriveva: «La donna: una figura complessa, anima e musa da millenni di immaginari. Nevrotica, intricata, compulsiva e istrionica. Degna di parole, fogli e interi romanzi. Simbolo dell’amore che muove il sole e le altre stelle; simbolo dell’odio che corrode l’affetto materno e la rende un’eterna Medea. Le pagine dei giornali sono impregnate di figure femminili che, in ambiti opposti, diversi ma forse simili, conducono a una riflessione. Donne mantidi, donne misantrope, donne fragili ma manipolatrici, donne libertine e traditrici. Donne che occhieggiano ai modelli letterari. Da Lady Macbeth a Giocasta, da Cassandra ad Agrippina, da Lucia fino a Giulietta, da Lady Chatterley a Violetta. Chi erano le donne di ieri? E come la storia le ha trasformate a tal punto da essere quelle di oggi?» (Le donne oggi. Quel che siamo state non basta?, in “Storia”, rivista on line di storia e informazione, n. 36, dicembre 2010).
Agli anni 60 risalgono le lotte femministe per la liberalizzazione sessuale delle donne. A distanza di più di mezzo secolo dall’inizio del processo emancipativo delle donne, quante di esse possono oggi dirsi realmente appagate sia sul piano umano che su quello sessuale? La Novak sostiene che l’essenza della società contemporanea resta maschilista, anche se oggi abbiamo donne di potere come Merkel o May o la regina Elisabetta, donne imprenditrici molto importanti in campo economico, editoriale, cinematografico e pubblicitario, e via dicendo. Peraltro, ad evolversi non sono stati solo i modelli della donna ma anche quelli del potere maschile, nel senso che oggi machismo e segregazione o discriminazione sessuale sono ancora esistenti anche se in forme nuove e diverse da quelle del pur recente passato. Continua a leggere
La vita umana è sacra e inviolabile
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Noi di “Vangelo e Democrazia” sottoscriviamo senza alcuna riserva l’articolo-denuncia di Samuele Maniscalco, responsabile del “Movimento Generazione Voglio Vivere”, esprimendo profondo rammarico per il silenzio assordante della Chiesa italiana sulla vicenda cui l’articolo si riferisce.
di Samuele Maniscalco
Ha fatto rumore la vicenda dell’Università Cattolica di Lovanio (UCL) che ha sospeso e infine licenziato il professore di filosofia Stéphane Mercier per aver scritto in una nota per i suoi studenti che “l’aborto è l’omicidio di una persona innocente”. Ma ciò che più ha colpito è stata la sostanziale approvazione che i vescovi del Belgio hanno dato alla cacciata del professore. Continua a leggere
Sull’Unione Europea i vecchi comunisti avevano ragione!
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di Ester Ventimiglia
La scelta italiana di aderire alla Comunità economica europea (CEE) e alla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), istituite con i Trattati di Roma del 1957 e nuclei embrionali di quella che più tardi sarebbe stata l’Unione Europea, fu molto più contrastata di quanto oggi non si riesca a ricordare. Vi si oppose, infatti, il PCI di Togliatti che nel tentativo di creare un mercato comune europeo e un fronte unico europeo (per quanto ancora limitato a sei soli Paesi fondatori, tra cui appunto l’Italia) nel delicatissimo campo dell’energia nucleare e dei relativi usi, scorgeva un orientamento politico decisamente antitetico e ostile alla logica comunista dell’internazionalismo proletario e della lotta contro i vari monopoli nazionali che nel tendere a un accordo sovranazionale di tipo liberista circa il modo di utilizzare le risorse tecniche ed economiche avrebbero molto penalizzato le masse lavoratrici e la piccola economia contadina, nonché i lavoratori italiani e la piccola e media imprenditoria, e reso oltremodo accesa la concorrenza per il conseguimento di profitti sempre più alti. Per quel PCI, ancora fortemente ideologico, tutta l’operazione europeista, sin dalla sua genesi, aveva una chiara impronta antisocialista ed era stata pensata quasi esclusivamente in funzione antisovietica e quindi contro tutto il blocco comunista imposto dall’URSS all’intera Europa orientale.
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L’Europa e il pericolo turco
Citazione
di Roberto Santarosa
Le recenti reiterate provocazioni indirizzate da Erdogan a diversi Paesi europei, tra cui Francia, Olanda, Svezia e soprattutto Germania, cui si può aggiungere anche l’Italia offesa qualche tempo fa dal premier turco nella persona del suo capo religioso ovvero papa Francesco, non sono occasionali, episodiche o dovute ad un inconsapevole seppur increscioso incidente di percorso. Rientrano invece in una precisa volontà politica di destabilizzazione europea al fine di accentuare l’importanza della presenza turca nel mondo e di rendere più centrale nel quadro dei rapporti internazionali il ruolo politico, economico e militare della Turchia musulmana più che di quella laica, ancora minoritaria rispetto alla prima. Continua a leggere
Renzi, gli oppositori e il futuro dell’Italia
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Contrariamente a quanto più volte dichiarato da alcuni faziosi pontefici massimi del giornalismo televisivo italiano, non è vero che Renzi, nei tre anni in cui ha governato, abbia usufruito della servile benevolenza della maggior parte della stampa cartacea e televisiva. Basta andare a guardare i titoli dei giornali del 2015 o certi commenti televisivi per rendersi facilmente conto come già allora gran parte della stampa nazionale, dei partiti, leaders politici e sindacali, membri dello stesso PD, intellettuali e via dicendo, si trovassero felicemente coalizzati contro il giovane parvenu fiorentino. Già allora era un bel tiro al piccione anche se il piccione, almeno esteriormente, dimostrava di sapersela cavare abbastanza con la sua divertita disinvoltura e, soprattutto, con l’enunciazione di programmi di governo, probabilmente non in tutto e non sempre da tutti condivisibili ma comunque ben articolati e apparentemente idonei ad incidere positivamente sulla statica situazione economica e sociale del Paese. Continua a leggere
La democrazia e le sue ombre
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Molte sono le fandonie che si dicono nel nome della democrazia. Una delle più antiche e fuorvianti è connessa alla duplice e contrapposta pretesa per cui da una parte la democrazia dovrebbe porre al centro delle sue politiche soprattutto l’individuo con i suoi molteplici diritti ad esprimersi liberamente in ogni ambito della vita civile, ad affermarsi socialmente se produttivo nell’ambito della sua attività lavorativa e professionale, ad acquisire ricchezza senza eccessivi intralci fiscali, a veder bene rappresentati i suoi interessi in sede politico-parlamentare, dall’altra essa dovrebbe fare invece delle oggettive necessità materiali e morali dei ceti non abbienti, di improrogabili istanze di eguaglianza e giustizia sociali, di livellamento economico verso il basso anche a scapito di individualità particolarmente capaci e meritevoli, il vero perno della sua attività di governo. Continua a leggere
D’Alema, la scissione e l’ipotesi di una nuova sinistra
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di Stefano Varone
Pare che nel discorso tenuto ieri a Lecce, il sergente di ferro (di più non potrebbe essere, data la modesta stazza politica) signor Massimo D’Alema, nella probabile, e da noi auspicata, scissione del PD, sia riuscito ad intravedere una straordinaria opportunità di rinascita di una sinistra vera, forte, realmente popolare e progressista. Il suo ragionamento è che, «se sorge un movimento forte a sinistra a fronte della deriva neocentrista del PD, la somma dei voti sarebbe assai maggiore di quelli che otterrebbe il PD. Dal punto di vista del fare argine al pericolo della destra populista, un movimento così recupererebbe molti elettori che mai andrebbero a votare per il PD di Renzi, ne conosco alcune migliaia, e sarebbe capace di contendere una parte d’elettorato ai cinque stelle» (“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 18 febbraio 2017). Il problema centrale è di vedere intanto se questa nuova sinistra ipotetica sorgerà e come possa sorgere, anche se le conseguenze che D’Alema fa derivare dalla attuazione di tale ipotesi sono del tutto inverificabili e talmente congetturali da apparire addirittura fantasiose o illusorie. Continua a leggere