Il PD e il presunto “isolamento sovranista” dell’Italia

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Mi sono astenuto deliberatamente dall’esprimere giudizi sul nuovo governo, uscito dopo un parto molto travagliato dal responso elettorale del 4 marzo scorso, perché sinceramente, fino a quel momento, non avevo fatto altro che scrivere peste e corna di un movimento pentastellato e di una Lega quale quella guidata da Matteo Salvini. Non che al momento abbia rivisto le mie posizioni, fondate non già su elementi contingenti ma sulla natura stessa delle rivendicazioni politiche di questo blocco politico di origine populista ma, proprio a giudicare da alcuni atti iniziali della nuova compagine governativa, non destinato necessariamente a morire populista dopo aver conquistato il potere. Come ex elettore, ormai disilluso e amareggiato, del PD di Renzi, che continuo tuttavia a giudicare come il miglior presidente del Consiglio degli ultimi quindici anni, ho sempre pensato, segnalandolo inutilmente allo stesso Renzi, che il vero nodo da sciogliere della nostra politica nazionale fosse, come è, il rapporto con l’Europa, con la sua moneta, con le sue istituzioni politiche  economiche e giuridiche, con la sua natura di Ente finanziario più che politico sovranazionale manovrato dagli stati e nell’interesse degli Stati europei tradizionalmente ritenuti più potenti ed influenti, con una sua idea di sovranità centralizzata molto più simile ad una dittatura peraltro non illuminata che ad una gestione realmente rappresentativa e democratica capace di garantire prosperità e pace alle diverse nazioni europee.    Continua a leggere

IL Veto di Mattarella/ Un no che “aiuta” i padroni stranieri dell’Italia e i populisti*

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  • Pubblicato in www.ilsussidiario.net in data 28 maggio 2018

La linea di Paolo Savona avrebbe provocato l’uscita dall’euro: è la motivazione addotta dal Capo dello Stato per dire no al governo Conte. I dubbi del costituzionalista Mario Esposito

Sergio Mattarella (Lapresse)Sergio Mattarella 

……La linea difesa da Paolo Savona (e dunque dalla Lega) avrebbe provocato la furiuscita dell’Italia dall’euro: questa, in sintesi, la motivazione addotta dal Capo dello Stato per dire no al governo di Di Maio e Salvini. Una decisione, elettoralmente parlando, destinata ad incrementare ancor più il consenso delle forze cosiddette “populiste”. Mario Esposito, docente di diritto costituzionale alla Luiss Guido Carli, mette in evidenza tutti i punti critici di una posizione — quella di Mattarella — che divide e fa discutere.

Professore, ammesso e non concesso che Savona all’Economia avrebbe rappresentato un pericolo, difendere l’euro equivale a difendere la Costituzione?

In primo luogo è inammissibile che un singolo ministro possa determinare la politica generale del Governo. A ciò si oppongono il principio di collegialità dell’esecutivo, il potere di direzione e coordinamento del presidente del Consiglio e soprattutto l’attività legislativa e di controllo del Parlamento. Riferire dunque ad un solo ministro conseguenze reputate genericamente disastrose, lascia francamente perplessi.
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Euro gabbia tedesca e il piano B dell’Italia: il manifesto di Savona

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Pubblicato da Andrea Carli in “Il Sole24Ore” del 22 maggio 2018

Il nome di Paolo Savona, economista e politico nel Governo Ciampi e in quello Berlusconi di metà anni duemila, è stato fatto da M5S e Lega al capo dello Stato Sergio Mattarella per il ministero dell’Economia

L’euro? È una gabbia tedesca. La Germania ha sostituito la volontà di potenza militare con quella economica. L’Ue? È viziata da «innata ingiustizia». Cosa fare? Bisogna ricorrere a un piano B per uscire dall’euro, se fossimo costretti. Sono alcuni passaggi del “Paolo Savona pensiero”, che emergono dalla lettura dell’autobiografia “Come un incubo e come un sogno”, a giorni in libreria edita da Rubbettino (i contenuti sono stati anticipati oggi dal quotidiano La Stampa). Continua a leggere

I capricci di Mattarella

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Movimento 5Stelle e Lega hanno vinto le ultime elezioni politiche e non potevano non essere chiamati a governare. I loro rappresentanti politici hanno proposto il professor Giuseppe Conte come presidente del Consiglio al quale Mattarella ha dato un preincarico relativo alla consultazione di tutte le forze politiche e parlamentari e, successivamente, alla composizione di una lista di ministri da proporre per la formazione del nuovo governo. Conte, sentiti ovviamente Di Maio e Salvini che sono i suoi principali azionisti, ha stilato la sua lista di ministri in cui figura, al ministero dell’economia, il nome chiacchierato, non per motivi giudiziari ma esclusivamente politici, di Paolo Savona. Ora, poiché Savona è il simbolo dell’antieuropeismo e dell’antieuro, oltre che di un diffuso sentimento antitedesco e antifrancese, Mattarella non ritiene di poterlo nominare ministro dell’economia. Questo però non coincide affatto con le prerogative costituzionali assegnate al Capo dello Stato dall’art. 92 della Costituzione, che recita espressamente: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri». Continua a leggere

Per il centodecimo anniversario della nascita di Ludovico Geymonat (seconda e ultima parte)

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Di certo c’è che in Italia come in tutto il mondo occidentale non esistono più, posto che siano davvero esistiti in passato, partiti di sinistra vocazionalmente determinati a cambiare il mondo. Lo stesso partito comunista italiano appariva ormai a Geymonat come un partito riformista senza vere riforme e preoccupato più che altro di farsi accettare dal mondo capitalistico americano ed europeo. Ma per il filosofo della scienza tra democrazia e capitalismo sussisteva un rapporto di totale incompatibilità per cui era necessario chiedersi come potesse essere ancora utile un partito popolare che si fosse abituato all’idea dell’insuperabilità storica del capitalismo e che si fosse limitato a cercare il modo migliore per poter convivere con esso. Non ci si poteva più limitare, pensava Geymonat, a richiamarsi alla Resistenza rievocandone e celebrandone i valori, per operare serie e reali scelte democratiche; anzi occorreva denunciare l’uso retorico, mistificante e strumentale che della Resistenza si continuava a fare da parte di tutti i politici, ivi compresi quelli comunisti, che se ne servivano come di un «espediente a cui» in particolare «i responsabili della conduzione del Paese fanno ricorso per offuscare i problemi di oggi e per non confessare la propria incapacità di risolverli seriamente» (La ragione e la politica, cit., p. 97). Continua a leggere

Per il centodecimo anniversario della nascita di Ludovico Geymonat

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Ludovico Geymonat nasce a Torino l’11 maggio del 1908. Egli non è stato solo uno dei filosofi della scienza più eminenti del XX secolo ma anche un lucido e appassionato sostenitore di un ideale democratico strettamente ancorato alla scienza moderna o, più esattamente, a quelle che il filosofo piemontese riteneva essere le caratteristiche costitutive ed imprescindibili del sapere scientifico moderno. Lunga e appassionata è stata infatti la lotta di Geymonat per l’affermazione di una cultura scientifica nel nostro paese, ritenendo egli legittima solo una prassi politico-culturale che si ispirasse ad un ideale scientifico di tipo illuministico. Continua a leggere

Lettera aperta al Dirigente Scolastico dell’Istituto Tecnico “Carrara” di Lucca

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Egr. sig. Preside dell’Istituto Tecnico “Carrara” di Lucca,

come ex professore di filosofia e storia tengo ad esprimerle non tanto la mia solidarietà per i malvagi atti di bullismo che stanno accadendo a danno di alcuni docenti della sua scuola, perché solidali in questo caso bisogna essere esclusivamente verso chi ha subìto e subisce la condotta oltraggiosa e violenta di un’intera classe di delinquenti,  quanto il mio sdegno morale e civile per la politica scolastica oltremodo permissiva e accomodante che evidentemente viene adottata da lei e da molti suoi docenti nei confronti degli alunni e delle loro famiglie. Continua a leggere

Macron o della perseverante ambiguità europea

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di Angela Iazzolino

E’ vero che, per usare le parole di Matteo Renzi, «noi» dobbiamo avere «un’idea del futuro diversa rispetto agli estremisti e ai populisti», che dobbiamo stare «con l’Europa, non con Farage o Le Pen, … con la scienza, non chi lotta contro i vaccini», che dobbiamo essere «per il lavoro, non per l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza, per abbassare le tasse a chi ha bisogno, non per la flat tax» (29 marzo 2018). Però commetteremmo un gravissimo errore se ci schierassimo pavidamente o per pura e semplice convenienza con certi “importanti” leaders occidentali su qualunque questione di politica economica e di politica internazionale, e in particolare sui modi di lavorare al mantenimento o piuttosto al ristabilimento di una vera e giusta pace tra tutti i popoli del  mondo. Continua a leggere

Di nuovo la guerra!

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Non c’è niente da fare: la guerra è connaturata alla mentalità occidentale per motivi economici e politici di profitto e di potere ben più che per motivi di difesa territoriale da pericoli esterni. La guerra serve al mondo occidentale soprattutto per tentare di superare le sue cicliche crisi economiche e finanziarie e di imporre egemonicamente a Paesi non privi di risorse economiche, ma almeno militarmente “inferiori” o ritenuti tali, determinati paletti, ovvero precise regole di comportamento e quasi sempre repressive, che ne limitino anche per via preventiva eventuali velleità espansionistiche soprattutto se in contrasto con legittimi o non legittimi interessi delle nazioni occidentali più forti. A questo stato di cose si oppongono, ma a loro volta per tradizionali motivi nazionalistici e per evidenti ragioni geopolitiche, Cina e Russia, anche se beninteso entrambe, nel corso dei secoli e dacché esistono come Stati, le loro guerre di conquista o di annessione le hanno sempre fatte contribuendo notevolmente a fare della storia del mondo una storia di oppressione, di violenza e di morte. Continua a leggere

Ipotesi sulle ragioni oggettive di una sconfitta politico-elettorale

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Se il patto del Nazareno non si fosse spezzato oggi il PD avrebbe raccolto ben altri risultati elettorali: non il 40%, né il 33 o il 34%, perché esso presenta, insieme alla sua indubbia forza modernizzatrice, anche vistose criticità, ma sul 29-30% si sarebbe potuto probabilmente attestare, nonostante la tumultuosa avanzata del partito di Grillo. Ma il patto del Nazareno, intelligentemente voluto da Renzi proprio per assicurarsi una più stabile ed efficace possibilità di governo e per meglio resistere alle poderose bordate populistiche del Movimento 5Stelle, non poteva durare dal momento che, non essendo affetto il giovane segretario del PD da consociativismo cronico, non era possibile accettare il ricatto di Berlusconi: o mandi al Quirinale il mio amicone onorevole Amato oppure della nostra intesa non se ne fa più niente. Come dire: o mi consenti di continuare a fare i miei interessi oppure vai avanti da solo. E Renzi è andato avanti da solo senza tentennamenti di sorta. Questo gesto, anziché suscitare l’ammirazione popolare, purtroppo passò quasi inosservato anche per la sottovalutazione con cui fu commentato da molta stampa. Continua a leggere