Questo scritto è dedicato a tutti quegli accademici che non sono mai sfiorati dal dubbio che la loro vita potrebbe essere stata attraversata, forse inutilmente, da impalpabili ma salvifiche presenze angeliche: proprio come accade nel mondo economico dove agisce una mano invisibile, né benefica né malefica, che, spesso all’insaputa dei soggetti che vi operano, viene creando una trama sapiente di verità e insindacabile giustizia, gravide di feconde consolazioni per gli spiriti che avranno cercato di leggerne e intenderne il senso e di amare frustrazioni per gli spiriti che non ne avranno percepito neppure la possibile esistenza.
L’economia è politica, è già politica, è politica in se stessa, in quanto non si dà modo di produzione o sistema economico che non corrisponda ad una precisa scelta politica e non si configuri come prodotto di una adesione programmatica a determinare linee di politica economica1. Non c’è una politica, da una parte, e uno sviluppo economico, dall’altra, e quasi indipendente dalla prima, e di cui la politica debba cogliere punti di forza e punti di debolezza per decidere in che modo sia possibile valorizzare e potenziare i primi ed eliminare o ridurre i secondi, in quanto ogni sistema economico ha, strutturalmente, i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, vantaggi cioè che comportano necessariamente degli svantaggi, e svantaggi la cui eliminazione comporterebbe anche quella dei vantaggi. Continua a leggere