Dice lo storico dell’arte Montanari: se a parlare di “Resistenza” sono gli ucraini, questa parola merita rispetto e sofferta solidarietà per la loro terribile sorte, mentre se ad esaltare la resistenza ucraina sono politici e giornalisti italiani, essa assume un vieto significato retorico, condito peraltro di un “militarismo da divano”. Ma anche il suo pacifismo è da divano e non è affatto detto che esso sia meno “imbarazzante e penoso” del militarismo altrui, specialmente quando afferma che non possiamo continuare a dare armi e opportunità tecnologico-militari sempre più efficienti e letali perché in tal modo aumenta in modo esponenziale il rischio di un conflitto nucleare che sarebbe fatale per l’umanità. Ragionamento impeccabile! Gli altri possono crepare, ma per quale motivo bisogna fare in modo che a crepare sia tutta l’umanità? Come se, nel nome del diritto del genere umano ad esistere al di là degli eventi efferati della vita ordinaria e della storia, fosse umanamente normale assistere da spettatori inerti allo straziante genocidio di un popolo che si consuma sotto gli occhi di milioni di persone. Da un punto di vista tanto laico quanto evangelico, cristiano e cattolico, l’umanità non ha questo diritto di continuare a vivere o a sopravvivere anche se un suo membro venga colpito a morte dalla belluina ferocia di un criminale senza scrupoli, perché quello stesso criminale, vedendosi incoraggiato dalla inerzia del mondo, potrebbe continuare a colpire altri membri dell’umanità, ma innanzitutto perché, da che mondo è mondo, i criminali, sia secondo il diritto internazionale che secondo l’etica universale dei popoli e la religiosità naturale o positiva radicata in ognuno di essi, vanno bloccati, vanno arrestati in tutti i sensi possibili e immaginabili nel più breve tempo possibile e in modi altamente efficaci. Continua a leggere
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Ragioni della pace e ragioni della guerra
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Che coppia cristiana di pace!
Non saprei dire fino a che punto l’odierna contrapposizione tra neutralisti e interventisti, rispettivamente ma impropriamente identificati oggi sul piano mediatico con pacifisti e bellicisti, abbia un fondamento anche razionale, al di là delle sue ben più evidenti motivazioni psicologiche ed emozionali. Chi si schiera contro la guerra, pur riconoscendo che c’è un aggressore (la Russia) e c’è un aggredito (l’Ucraina) e che l’invasione armata del territorio ucraino è del tutto arbitraria o illegittima, per quanto essa possa interpretarsi come continuazione di una guerra iniziata nel Donbass non oggi ma nel 2014, in fondo continua a pensare che Putin non abbia tutti i torti nel voler regolare i conti con un popolo ucraino dimostratosi nel corso del tempo sempre più ingrato e ostile verso la madre Russia e con un Occidente sempre più sfrontatamente portato ad espandersi anche militarmente verso est, sempre più a ridosso dei confini territoriali russi, mentre d’altra parte, muovendo dalla constatazione di una manifesta disparità di potenza bellica tra l’esercito di Mosca e l’esercito di Kiev, il pacifista laico o cattolico si sente indotto a ritenere che una rapida cessazione delle ostilità con annesse e connesse trattative diplomatiche volte a favorire accordi e compromessi accettabili e ragionevoli per entrambe le parti, sarebbe il modo più saggio e sicuro per evitare che la guerra in corso divampi e si allarghi ulteriormente fino a rischiare di potersi poi trasformare in una guerra mondiale non più convenzionale ma nucleare, visto che la Russia di Putin non accetterebbe l’eventualità di soccombere sotto il concentrico accerchiamento politico-militare delle nazioni occidentali guidate e coordinate dalla NATO.
La guerra e l’insegnamento codificato della Chiesa
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La guerra, suprema esasperazione individuale e collettiva della pulsione omicida, è sempre possibile e questa possibilità, nella storia umana, non si può abolire perché la sua abolizione, in un’ottica cattolica, richiederebbe l’abolizione del peccato originale, germe di ogni umana iniquità, che si può contrastare, tenere lontano, rimuovere continuamente attraverso una vita spirituale e sacramentale di pentimento e di conversione sostenuta e alimentata dalla grazia divina, ma che non si può estirpare in modo stabile, totale, radicale, se non auspicabilmente dopo la morte, quando ogni singola esistenza, vagliata da Dio, verrà liberata per sempre, attraverso un processo ontologico di trasformazione fisica e spirituale, dal peccato, dal dolore e dalla morte, o al contrario condannata a sperimentare per l’eternità le malefiche conseguenze di una vita terrena trascorsa fino alla fine nella colpa e nella insubordinazione alla volontà di Dio. Continua a leggere
Per una critica evangelica al pacifismo cattolico
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Il linguaggio bellicoso dell’Antico Testamento viene parzialmente trasfigurato nell’annuncio evangelico in lotta interiore dell’uomo ma continua a denotare una ferma e risoluta opposizione al peccato radicato anche nelle strutture storico-sociali del mondo e quindi al falso, al male, ad ogni genere di iniquità. In linea di principio, tale opposizione, secondo le indicazioni evangeliche, deve avvenire nella forma più incruenta o meno violenta possibile, e viene implicando, in relazione alla vita personale del singolo, una capacità oblativa, che può giungere fino all’offerta della propria vita, in funzione del bene o della protezione di un proprio simile, dei propri familiari, della propria comunità, di una collettività più o meno estesa, come la patria o la nazione, la Chiesa e l’assemblea dei credenti.
Ma il vangelo prescrive anche l’uso della franchezza fraterna (la parresìa), del rimprovero, dell’ammonimento caritatevole, della reciproca correzione, persino della scomunica, sia al fine di salvaguardare la fede da possibili errori, impurità, deviazioni, abusi, sia al fine di tutelare la comunità stessa dei fedeli da degenerazioni, dal malcostume, dal fanatismo o dal lassismo, dal formalismo ipocrita o da forme superficiali e licenziose di comportamento. In esso, altresì, non sono contenute critiche né al principio di legittima difesa personale e comunitaria, né alla prerogativa del potere politico costituito, dello Stato, di Cesare, di esercitare funzioni repressive o di controllo, sotto l’aspetto giuridico, amministrativo, fiscale e anche militare, atte ad assicurare l’ordine, la sicurezza, la difesa della popolazione e dei confini territoriali, e quindi il perseguimento del bene comune. Continua a leggere
La guerra e i cattolici
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Stamattina 12 giugno 2022 ho litigato, mio malgrado, con un prete cui devo molto, ma a causa del fatto che devo molto di più a Colui per il quale sono appunto in una condizione di debito verso quei suoi “rappresentanti” che, di tanto in tanto, in un momento particolarmente difficile della sua Chiesa, mi consentono di onorarlo e adorarlo come Egli merita. Per che cosa ho litigato? Per la guerra omicida in corso in Ucraina, per il fatto che gran parte della odierna Chiesa cattolica abbia assunto posizioni neutrali, di non belligeranza, di pacifismo indiscriminato, e in realtà, almeno in questo caso, di vile e turpe miopia, di incapacità politica e soprattutto spirituale di leggere correttamente la drammatica vicenda storica che si sta ora consumando ad esclusivo danno del popolo ucraino ma, virtualmente, con intrinseche e concrete possibilità di totale annientamento per l’intera umanità. Tale vicenda è peraltro punteggiata, sempre più spesso, da un indecoroso ed ipocrita umanitarismo moralistico, formalmente volto a favorire il dialogo e accordi di pace tra russi e ucraini ma in sostanza funzionale a salvaguardare la pelle e meschini interessi di bottega di quanti ancora non si trovano direttamente coinvolti nel conflitto: secondo il prete di cui sopra, in fin dei conti noi cristiani e cattolici ancora non sapremmo molto delle vere ragioni che hanno indotto i russi ad invadere l’Ucraina, e d’altra parte non possiamo né ignorare che ad uccidere non sarebbero solo i russi ma anche i loro nemici, né negare che la violenza genera sempre violenza: che, come a tutti coloro che siano dotati di buon senso, non può che apparire in parte come una mistificante razionalizzazione e in parte come un micidiale e deprimente mixer, cui il popolo cristiano è non di rado soggetto, di stupidità, insensibilità morale, fraintendimento evangelico, e alla fine anche vigliaccheria umana. Continua a leggere
Al professore Angelo d’Orsi. Per rispettare la storia e la libertà dei popoli
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Egregio professore Angelo d’Orsi,
una volta, polemizzando con tutti coloro che molto giustamente identificano il signor Vladimir Vladimirovič Putin (già il nome pomposo è tutto un programma!) con una delle personalità non solo più dispotiche ma più ciniche e sanguinarie della storia umana, se ne è uscito con una frase sarcastica, non di rado tipica di certi intellettuali saccenti e soprattutto ignari dei propri limiti: “Grande è la confusione sotto il cielo…”. Ora, per quel che può valere, la mia impressione di uomo e di studioso, che tengo a manifestarle, è che grande sia la confusione nella sua capoccia. Continua a leggere
La Chiesa e la guerra in Ucraina
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Ma che significa: “mai la guerra”? Ho sempre pensato che sia un’insulsa espressione retorica. La guerra, in un modo o nell’altro, c’è sempre nel mondo e nella vita, e il problema è proprio quello di capire in che modo bisogna essere seguaci di Cristo in presenza della guerra, in rapporto ad essa, a causa di essa. In nome di Dio, cerchiamo di dire cose più sensate!
Come membro della Chiesa cattolica, ho sempre esercitato in essa un ruolo fraternamente e francamente critico, non ovviamente a prescindere da specifiche vicende o eventi di questo tempo che la riguardano ma in stretta connessione con una necessaria riflessione imposta da quelli che, ormai da troppo tempo, sembrano essere i frequenti usi distorti o epidermici della Parola di Dio. I singoli fedeli hanno non solo il diritto ma anche il dovere, come prescrive lo stesso canone 212, art. 3 del Codice di diritto canonico, «in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono … di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona». Dante Alighieri mise in pratica tale principio deontologico nella prima metà del ‘300 nei confronti dei cardinali di quel tempo cui avrebbe scritto una lettera accorata in un contesto storico-religioso di certo molto diverso da quello attuale ma, per certi aspetti, non meno preoccupante di quello attuale. Continua a leggere
Bronzee mediocrità al servizio della Russia di Putin
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Poiché certa Donatella Di Cesare, ordinaria di filosofia teoretica in una Università romana, ha studiato a Tubinga e Heidelberg, dialogando in tedesco con Gadamer, e poi ha frequentato Derrida, leggendo in pari tempo in lingua francese Sartre e in greco antico Aristotele, pubblicando molti libri, non senza sferrare un poderoso attacco all’antisemitismo, non può certo essere tacciata, secondo il firmatario di una sua difesa d’ufficio su “Il Fatto Quotidiano” del 24 maggio u.s., di ignoranza, stupidità, incapacità logica e culturale, come invece ha osato fare Aldo Grasso dalle colonne del “Corriere della Sera”. Ma, in realtà, se si dovesse pensare che un cattedratico sia un grande cattedratico e non, per esempio, un filibustiere senza qualità intellettuali e morali, ma potrei usare anche espressioni più colorite, si dovrebbe anche riconoscere e accettare che tutto ciò che esiste (che esiste, non che è reale), anche sui diversi piani istituzionali dell’organizzazione dello Stato, per ciò stesso debba essere letto come espressione di razionalità, il che è palesemente falso. Continua a leggere
Per fare chiarezza sul “grande ed eroico patriottismo russo”
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Non c’è bisogno di Saviano, delle sue lezioni televisive, per sapere chi sia Putin e a che cosa sia dovuto il suo potere. La società russa, peraltro, è sempre stata ed è ancora, in buona parte, una società di “spostati”, di fanatici esaltati e paranoici, una società da sempre storicamente predisposta a sostenere e legittimare, per se stessa e per qualunque altra società, regimi spietatamente dispotici e sanguinari. Ecco perché tutti quegli italiani che, poco per volta, vengono manifestando comprensione per le “ragioni” russe ed ergendosi a paladini della pace a qualunque costo sono, in realtà, individui vili e codardi, malati di pidocchioso pur se inconfessato egoismo, di più o meno inconscia sudditanza ideologica alla vecchia e ormai anacronistica mitologia rivoluzionaria di stampo sovietico e soprattutto agli ingenti e illegali finanziamenti del governo di Putin. Costoro sono anime vuote, prive di pietà umana per i fratelli ucraini che oggi sono aggrediti e sterminati brutalmente da orde non barbariche ma sataniche, sono altresì collaborazionisti senza coscienza e senza onore dei nuovi nazisti del XXI secolo. La guerra in atto non è stata né voluta, né provocata, né dalla Nato, né dagli USA: almeno in questo caso la tesi di una Russia che avrebbe reagito a reiterate provocazioni espansionistiche del mondo occidentale è palesemente destituita di fondamento. Ma non è di questo che qui si intende trattare. Continua a leggere
Omaggio a Pavel Alexandrovič Florenskij
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Pavel Alexandrovič Florenskij, scienziato, epistemologo, filosofo, presbitero e teologo, nonché cultore delle arti figurative, vive in Russia tra la fine dell’ottocento e il primo quarantennio circa del novecento in un contesto socio-culturale segnato dalla contrapposizione tra un bigottismo religioso conservatore e reazionario e un massimalismo ateo e rivoluzionario di tipo fanatico e sanguinario. La scelta di questo grande esponente della cultura russa e del pensiero scientifico ancor più che teologico contemporaneo sarebbe stata quella di prendere le distanze assai per tempo da entrambi questi schieramenti, dal primo a causa del suo improduttivo e dannoso mutismo spirituale e dal secondo per la sua intrinseca e prevenuta carica di odio e di morte. D’altra parte, benché, in tanta diffusa desolazione, si sentisse attratto in modo quasi naturale dalla Chiesa e dalla spiritualità cristiana ortodossa che essa veniva istituzionalmente veicolando, vedeva chiaramente come l’una e l’altra, tranne rare eccezioni, non venissero per nulla onorate da preti corrotti e ignoranti la cui presunta vocazione religiosa risultava servilmente subordinata e resa funzionale a molto più concreti interessi mondani e politici. Continua a leggere