Non è che l’eucaristia, il rendimento di grazie e l’azione sacrificale con cui vengono offerti il pane e il vino a Dio e trasformati per opera dello Spirito Santo nel corpo e nel sangue offerti da Cristo sulla croce in espiazione e remissione dei peccati del mondo, sostituiscono il normale pasto alimentare con cui gli esseri umani si nutrono quotidianamente. Le creature hanno bisogno di alimentarsi con due pasti di diversa natura: uno è quello alimentare di cui necessita il sostentamento corporale, l’altro è quello eucaristico di cui necessita il sostentamento spirituale che non si contrappone al primo ma con esso si integra ed è funzionale al conseguimento del benessere spirituale e della salvezza eterna allo stesso modo di come gli alimenti, i cibi e le bevande servono al benessere fisico e mentale e alla buona salute degli individui, soggetti tuttavia alla morte. Continua a leggere
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Pensiero della settimana
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Chi ama il Signore deve non solo sapere ascoltare ed intendere la sua Parola ma anche osservarla e applicarla diligentemente e coerentemente alle diverse situazioni della vita e in rapporto a persone che potrebbero volerla disattendere e persino contrastarne l’attuazione. Il Signore non chiede ai suoi seguaci di porre in essere a tutti i costi e con ogni mezzo il suo insegnamento se non nella misura in cui ciò possa dipendere dalla loro volontà, perché egli è consapevole del fatto che non sempre persino le migliori intenzioni e le buone opere individuali o collettive possono tradursi fedelmente in atti concreti e consequenziali, a causa delle molteplici variabili, dei contrattempi e degli imprevisti di cui constano l’esistenza personale e la storia dei popoli, ma di fare tutto quel che possono, di onorare al meglio quell’insegnamento anche a costo di sacrifici che potrebbero venire implicando anche l’offerta della propria vita. Se mi amate, dice Gesù, osserverete i miei comandamenti: bisogna fare attenzione a non fraintendere queste parole, perché con esse egli non intende dire che l’amore verso Dio e quindi il rispetto dei suoi comandamenti siano incompatibili con la possibilità dell’errore umano, della trasgressione della sua santa volontà, del peccato, o meglio incompatibili sarebbero certamente se il peccatore non fosse capace di riconoscere, o ancora meglio si ostinasse a non voler riconoscere le sue colpe, non fosse capace di ammettere le sue debolezze, di pentirsi dei suoi errori o dei suoi vizi. Tra i comandamenti divini, com’è noto, primeggia il perdono che, contrariamente a quanti, chierici o laici che siano, lo interpretano e lo trasformano in una sorta di alibi sempre buono a sdrammatizzare la gravità di condotte umane perverse o deplorevoli, presuppone il sincero e profondo pentimento del peccatore, la sua effettiva volontà di cambiamento interiore e di conversione spirituale, la capacità di mettere i propri limiti e la propria fragilità nelle mani di Dio, di affidarsi a lui pur sapendo di poter continuare ad essere soggetto alle tentazioni del mondo e della carne. Continua a leggere
Pensiero della settimana
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Bisogna soffrire come Cristo o, almeno, per le stesse ragioni e gli stessi scopi per i quali Cristo avrebbe sofferto, per poter risorgere in virtù della sua reale risurrezione da morte. Questa è la lezione più vitale che le avanguardie più degne e fedeli del suo popolo e della sua Chiesa si sforzano di testimoniare, trasmettere e perpetuare attraverso i secoli, predicando a tutti i popoli la conversione alla Parola di Dio rivelata da Cristo e il perdono dei peccati. Prima di ascendere non metaforicamente ma realmente in cielo, Gesù ricorda ai suoi discepoli e apostoli che avrebbe effuso lo Spirito Santo, il Paràclito, l’avvocato, il difensore, il consolatore in uno spirito di verità, promesso dal Padre, per fortificarli e renderli spiritualmente potenti in un mondo che si sarebbe costantemente opposto alla loro missione di evangelizzarne salvificamente tutti i popoli e gli esseri umani. Il Cristo si stacca dai suoi non prima di dispensare loro la sua amorevole e santificante benedizione, perché essi, ormai forti dei suoi insegnamenti e delle sue opere di giustizia, misericordia e carità, potessero assumerli come modelli paradigmatici da emulare nella loro stessa esistenza e da indicare a tutti come imprescindibili punti di riferimento di salvezza personale e collettiva (Lc 24, 46-53). Continua a leggere
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Il Paràclito è qualcuno che ti sta accanto, è lo Spirito divino che ti assiste e ti difende dai dubbi, dal modo corrente di pensare, dal religiosamente corretto, dalla cattiva o errata interpretazione di fondamentali verità evangeliche. E’ in tal modo che lo Spirito conferisce pace a coloro in cui abita, ma quale pace conferisce? Pace della violenza, del dominio, della oppressione e della sopraffazione: tutto ciò che deriva da un cuore malvagio o ipocrita, ma la pace che unisce i cuori, il cuore del più forte in senso spirituale che si pone al servizio del più debole, dei fratelli più umili sul piano fisico, materiale, economico o sociale o anche militare. Certo, anche sul piano militare, perché la pace di Cristo è compatibile sia con l’assenza di guerra armata, sia anche con quanti sono chiamati a resistere in armi contro forme manifeste di sopruso, di malvagità e feroce persecuzione ovvero nei più critici e devastanti conflitti bellici della storia umana. La pace di Gesù non dispensa nessuno dall’assunzione di precise, costose e spesso impopolari responsabilità, in rapporto a gravi e imprevedibili vicissitudini di vita, non esonera nessuno dall’usare della stessa giustizia del mondo, di cui sono espressione le regole del vivere civile, gli strumenti giuridici e amministrativi, lo stesso ricorso alle armi per la legittima difesa di un popolo da minacce o atti interni o esterni di violenza, allo scopo di perseguire il bene comune e il bene di ogni singolo individuo che si trovi esposto ad una reale e concreta situazione di pericolo. Continua a leggere
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Ci saranno ancora un cielo e una terra dopo la fine del mondo, ma saranno governati da leggi completamente diverse da quelle che regolano le realtà astrali e terrestri dell’universo e da condizioni ambientali perfettamente funzionali a forme immortali e gioiose di vita. Allora la vita apparirà totalmente rinnovata da Dio che abiterà stabilmente, visibilmente e concretamente in mezzo alle sue creature. Il vero sovrano del regno celeste sarà Cristo, il Figlio di Dio, al cui potere il Padre sottometterà tutti i regni e i popoli della terra e su di essi governerà gloriosamente per l’eternità. Ma, in realtà, Cristo era stato già glorificato in terra quando aveva assecondato la volontà del Padre lasciandosi prima tradire non da un nemico ma da uno dei suoi discepoli, cioè Giuda, e poi affrontando la morte in espiazione dei peccati di tutti. Gesù era stato glorificato da Dio-Padre per il suo sacrificio d’amore, così come Dio-Padre era stato glorificato dal e nel Figlio per avergli questi prestato obbedienza per amore filiale e per amore verso le creature umane. Continua a leggere
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Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice Gesù. Non la lingua che parla perché le pecore non possono capire ciò che il Signore dice, ma la voce, il timbro della voce, il tono della voce. Per essere di Dio, è necessario l’ascolto, non necessariamente una capacità di esaustiva comprensione intellettiva, di approfondimento critico, ma la capacità istintiva o intuitiva di riconoscerlo, senza confonderlo con altri che pure, in apparenza, potrebbero sembrar pronunciare le sue stesse parole o fare i suoi stessi discorsi. E’ come per i neonati che riconoscono la madre non da quello che dice ma da come lo dice, dal modo in cui si relaziona con essi, dal modo in cui si sentono amati e curati, talvolta persino teneramente sollecitati a smettere di piangere o a non rifiutare il latte o il cibo anche in assenza di apparenti cause fisiche che potrebbero esserne alla base. Le pecore si fidano, e noi tutti dovremmo fidarci, di Cristo non solo per le cose che dice ma innanzitutto per il modo in cui le dice, per la percezione del fatto che di quella voce, di quelle sollecitazioni, di quei comandi ci si possa fidare. Peraltro, come recita il salmo 23, il buon pastore, per guidare il gregge, si avvale di un bastone e di un vincastro: di un bastone (la fede) che, da una parte, rende più stabile e sicuro il cammino del pastore davanti al gregge e a favore del gregge, e dall’altra egli usa e brandisce, se necessario, contro animali o uomini malvagi che potrebbero voler arrecare danno al gregge stesso; e di un vincastro che è un vimine, solitamente di salice, tenero e flessuoso, con cui egli stimola dolcemente pecore e agnellini sfiorandoli sui fianchi per farli camminare, per tenerli insieme e per evitare che alcuni o molti di essi possano allontanarsi dalla via maestra. Continua a leggere
Pensiero della settimana
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Chi risorge conserva la propria identità personale, pur acquisendo qualità fisiche e mentali differenti da quelle possedute nella vita terrena. Ciò significa che conserverà la propria coscienza, la propria individualità e la propria sensibilità, la propria storia personale, anche se in un contesto ormai profondamente mutato rispetto a quello precedente della vita mortale. Risorgere ad una eterna vita di gloria e beatitudine comporta l’accesso ad un ordine di cose impensabile durante la vita terrena e ad un’esperienza esistenziale inedita e radicalmente diversa dal novero delle esperienze storico-mondane. Chi avrà il privilegio di rinascere nell’originario ed eterno Regno di Dio, in cui saranno confluite tutte le conquiste più mirabili e generose dell’ingegno, dell’amore e dello spirito umani, si troverà al cospetto di Dio e della sua moltitudine angelica che, come ricorda l’Apocalisse giovanneo, sarà intenta a celebrare le prodigiose gesta terrene e la straordinaria opera salvifica del Figlio di Dio, dell’Agnello sacrificale, immolatosi per la salvezza del genere umano: «miriadi di miriadi e migliaia di migliaia» di spiriti angelici «dicevano a gran voce: l’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione» (Ap 5, 11). Continua a leggere
Conclave: appello ai cattolici per attuare insieme la richiesta di Fatima di un papa santo*
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Cari fedeli della Chiesa cattolica,
di fronte alle sfide dei tempi difficili che stiamo vivendo, in particolare l’unità della Chiesa e la pace nel mondo, milioni di cattolici, clero e laici, desiderano giustamente pregare affinché il Cielo ci mandi un papa santo, un vicario di Cristo pio e zelante che guidi la Chiesa nella fedeltà al suo insegnamento bimillenario. In un magnifico impeto di fede spontanea, vediamo l’organizzazione di molteplici novene e diverse iniziative di preghiera nascere dal cuore di ogni persona, ovunque.
Ma è questo tutto ciò che il Cielo aspetta per ripetere il suo intervento del 1903, quando un papa santo, Pio X, fu eletto inaspettatamente in un periodo di tumulti simili? Osserviamo le circostanze: si può notare che questo conclave inizierà qualche giorno dopo il primo sabato di maggio e probabilmente terminerà poco prima del 13 maggio, anniversario della prima apparizione di Fatima. Questo conclave avrà luogo anche nel 2025, anno del centenario della richiesta dei primi sabati di Fatima. Qui non c’è alcuna “coincidenza”. Dopo la morte di Suor Lucia nel 2005, Carlo Acutis vide in sogno il veggente di Fatima, dicendogli che «la pratica dei primi sabati del mese avrebbe potuto cambiare il destino del mondo», e nel 2010 Benedetto XVI ricordò che la missione profetica di Fatima non era finita.
Se vogliamo pregare efficacemente per un papa santo e per la pace, è dunque essenziale porci la domanda: cosa ci ha chiesto la Madonna a Fatima? La Santa Madre della Chiesa promise il suo trionfo e la sua pace a due condizioni: la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato da parte del Papa E la pratica dei primi sabati del mese in tutta la Chiesa. Questa seconda richiesta, legata al rosario, ci riguarda tutti, ma è spesso dimenticata. Questa non è solo un’altra preghiera o devozione. Questo è l’atto di obbedienza che il Cielo attende per concederci la pace e del quale Suor Lucia specificherà nel 1957 che «Dio vuole questo mezzo e nessun altro».
Per avere un papa santo, non c’è altra alternativa che esaudire questa richiesta del Cielo e la Madonna lo ha chiaramente sottolineato: «Se facciamo quello che sto per dirvi, molte anime si salveranno e avremo la pace». Perché il Cielo vuole un atto di obbedienza? Perché l’obbedienza, complemento indispensabile della preghiera, è l’atto di abbandonare la propria volontà a beneficio di quella di Dio. È l’atto di umiltà e di amore assoluto verso Dio. Quindi è giunto il momento per tutti di unirsi a questo conclave in obbedienza alla Santa Vergine, implorandola con qualsiasi mezzo scelga di darci in cambio un papa santo.
* Firmato: Régis de Lassus (Alleanza 1° Sabato di Fatima), Isabelle Manceron (Rosario perpetuo), Thomas Delenda (Hozana/Rosario), Jean Baptiste Maillard (Luci nell’oscurità), Yves de Lassus (Cap Fatima), Olivier Bonnassies (Marie de Nazareth), Philippe Darantière (ND di Chrétienté) del Centre International Marie de Nazareth, 3 maggio 2025.
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I discepoli, terrorizzati dalla persecuzione ebraica che si era scatenata su essi dopo la crocifissione di Gesù, erano rinserrati nel loro rifugio allorché questi, del tutto inaspettato, vi appare all’improvviso in modo miracoloso, mostrando loro le mani e il fianco recanti i segni inconfondibili della crocifissione, quasi a voler dimostrare a tutti, senza giri di parole, di non essere né un fantasma, né uno spirito solo illusoriamente dotato di apparenze corporee, ma di essere lui, con la sua persona, con il suo corpo, con la sua carne, del tutto identico a quello che era stato prima di morire sulla croce e prima di essere sepolto. Il Signore si preoccupa di fugare immediatamente nei suoi discepoli ogni dubbio, ogni possibile o reale sussulto di incredulità, perché sa bene che, per quanto già amato e adorato da essi quale Figlio di Dio in virtù dei prodigi compiuti e delle parole pronunciate nel corso della sua terrena missione di salvezza, persino la fede più solida e ardente può essere soggetta a qualche momento di incertezza, di perplessità, se non di paura, allorché un corpo visto morto, cadavere, e poi sepolto e chiuso, anzi ermeticamente sigillato in una grotta di roccia con un blocco imponente e inamovibile di pietra, appaia di nuovo in vita e nel pieno delle sue funzioni fisiche, psichiche e intellettive.
Cristo non risorge in senso meramente spirituale, metaforico, simbolico, teologico; Cristo risorge fisicamente, corporalmente, materialmente, senza perdere la sua originaria fisionomia, i dati costitutivi della sua identità personale, il tono e il timbro della voce, le espressioni dello sguardo, il modo di muoversi e gesticolare. Il Risorto è la stessa persona che era prima di morire con l’aggiunta, di inestimabile valore esistenziale, dell’immortalità. Egli, come di consueto, augura la pace, la sua pace ai discepoli, vale a dire la serenità, la gioia, il benessere fisico e spirituale che corrispondono alla condizione esistenziale in cui sono destinati a trovarsi e a vivere quanti lo abbiano seguito o intendano seguirlo fedelmente, sia pure tra cadute e contraddizioni dolorose, durante la vita terrena. Cristo mostra così, in modo ormai inequivocabile, il senso ultimo della sua passione e morte: la salvezza dell’uomo e della donna in quanto sarx, in quanto unità creaturale inscindibile di anima e corpo, in quanto esistenza personale nella totalità o pienezza delle sue funzioni fisico-sensoriali e intellettive e spirituali, in quanto corporeità abitata e animata da una energia pneumatica. Continua a leggere
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Ho sentito un ispirato predicatore parlare così della Pasqua di risurrezione. Il problema non è solo risorgere ma è anche e soprattutto risorgere alla vita e non alla eterna dannazione. Per risorgere, infatti, bisogna voler risorgere e bisogna che Dio decida di farti risorgere ad una vita di beatitudine piuttosto che ad una vita di dannazione. Per risorgere come uomini bisogna sforzarsi di essere e vivere ad immagine e somiglianza di Dio, di onorarne le leggi e conformarsi alla sua volontà, rinunciando al culto esasperato o idolatrico del proprio io e ponendosi al servizio delle legittime e giuste esigenze del prossimo. Per risorgere bisogna supplicare Dio di inondarti della sua grazia e del suo spirito di giustizia, nonostante i tuoi peccati e la tua difficoltà a confidare nel buon senso e nell’amore dei tuoi simili, e bisogna soprattutto resistere alla tentazione di dare troppa importanza ai comportamenti e alle parole di quanti, profondamente assuefatti a sbrigative e consuetudinarie logiche di vita mondana, di giudizio e di condanna, vorrebbero indurti a sentirti molto più inutile e dannoso di quel che realmente sei. Bisogna anche pregare affinché l’odio spesso spropositato o abnorme che altri rovesciano sulla tua inquieta ma difficile e contrita esistenza, si trasformi in causa di ravvedimento e conversione per essi e in occasione di espiazione e riscatto per la tua stessa anima. Per risorgere non devi sperare di essere ringraziato né per le tue buone intenzioni, né per le tue buone azioni, perché sarai sempre debitore per l’amore e il perdono che ti saranno stati elargiti da Cristo e per le impreviste manifestazioni di affetto che qualcuno avrà voluto trasmetterti. Per risorgere non ci si affiderà mai abbastanza alle cure pietose della Madre celeste e non si sarà mai così intimamente provati da potersi ritenere abbandonati da Dio. Non sentirti mai una vittima, anche se dovessi esserlo stata, né la creatura più sfortunata, perché le creature più duramente partecipi della insopportabile passione del Cristo saranno le prime a risorgere nel suo immortale regno di festa. Non limitarti a dire: buona Pasqua di risurrezione, ma grida a chiunque possa ascoltarti: Cristo è realmente risorto! Sforzati di rimanere sulle sue orme e risorgerai avvolto nella sua luce gloriosa. Tu, che hai sentito la sua voce, sforzati di seguirlo fino al calvario e rinascerai con lui alla vita eterna. Non eviterai la prima morte ma essa, in e con Cristo, sarà battesimo di sicura e definitiva redenzione.
Francesco di Maria