Apprendo dal giornale locale on line “QuiCosenza” che, nei primi giorni di agosto 2025, il sindaco di Cosenza Franz Caruso, a suo tempo avvocato difensore del religioso Fedele Bisceglia di Acri, avrebbe tessuto un pubblico elogio di quest’ultimo, definendolo “grande uomo di fede e di verità”, uomo «amato da tutti. In lui abbiamo sempre riconosciuto un uomo di altissima fede vissuta con sincerità e spontaneità per le strade della città, nei suoi vicoli più nascosti dove andava a portare la misericordia di Dio ed aiuti concreti, e sugli spalti dei campi di calcio dove tifava per i nostri colori rossoblù, rappresentando i valori della cosentinità, quella genuina, fatta di verità, di inquietudine ed anche di qualche intemperanza … Il suo percorso di uomo e di fede riemerge oggi prepotentemente, nel momento più triste della sua sofferenza fisica, come ricordo indelebile nei cuori e nelle menti della sua gente. Sono questi i sentimenti che ho voluto trasmettergli per dare il giusto e meritato conforto e sollievo al suo animo, nobile e bello, che è sempre rimasto stracolmo di fede e devozione. Il mio abbraccio a Padre Fedele è l’abbraccio di Cosenza che gli resta vicina invitandolo a continuare a lottare per come ha sempre fatto».
Poiché volli prendere pubblicamente e criticamente posizione, in qualità di membro della Chiesa di Cristo e a prescindere dalla nota vicenda giudiziaria in cui detto religioso rimase coinvolto, sul suo modo di intendere, di vivere e di impersonare la religiosità e la testimonianza evangelica in qualità di frate cappuccino, tengo oggi a precisare di non ritrovarmi affatto tra quei “tutti” evocati dal sindaco che amerebbero incondizionatamente quest’ultimo in ragione della sua “altissima fede” e del suo essere stato integerrimo testimone della misericordia di Dio tra gli ultimi. Che Cosenza oggi si stringa affettuosamente attorno ad uno dei tanti idoli creati nel tempo dalla sua gente, non mi turba nè come cattolico, nè come cittadino, anche alla luce del medio livello civile e culturale della città bruzia, anche se forse nella Chiesa cosentina il giudizio sulla spiritualità del frate resta più articolato e dubbioso di quanto non appaia dalle dichiarazioni del suddetto sindaco e, sembrerebbe, dello stesso vescovo Checchinato, benchè oggi la Diocesi della nostra provincia sia governata da un vescovo nominato dal populista Bergoglio e disposto, contro coloro che lo hanno preceduto sulla cattedra vescovile, a “riabilitare” un frate sospeso dal suo stesso ordine a divinis.
Nei confronti di Fedele Bisceglia io scrissi e pubblicai sul sito on line www.foglimariani.it, in data 30 giugno 2016, un articolo molto severo, non per odio o risentimento personali ma per amore di verità e spirito di servizio evangelico. A quest’articolo sarebbe seguito un secondo articolo molto critico verso la direttrice di una radio cittadina, che aveva ritenuto di difendere a spada tratta il celebre frate invitandolo in trasmissione senza ritenere di dover concedere al sottoscritto una pur minima facoltà di replica. In quell’occasione Bisceglia non solo si mostrò molto risentito verso chi aveva osato contestarlo pubblicamente ma, con consueta arroganza e molto dubbio spirito di carità, chiese pubblicamente, anche se in forma implicita, al vescovo allora in carica mons. Nunnari di agire contro la mia persona anche in sede giudiziaria. Probabilmente qualcuno lo avrebbe dissuaso allora dal voler insistere in quella richiesta, parsa sotto diversi aspetti ben poco comprensibile. Ma oggi che le istituzioni cittadine, civili e religiose, tornano a glorificarlo, ho ritenuto doveroso testimoniare ancora una volta il mio evangelico disappunto verso un modo privato e pubblico molto discutibile di intendere e perseguire il bene pubblico e il bene della Chiesa. L’ultimo e definitivo giudizio è quello di Dio, anche al di là e al di sopra dei giudizi poco rocciosi talvolta proferiti dalla sua Chiesa.
Ma il cristiano, per non caricarsi del peccato di calunnia o diffamazione, è tenuto ad esercitare la virtù della parresìa, ovvero della libertà di parola o franchezza, e, con l’aiuto di Dio, è ciò che ho cercato di fare ancora una volta al meglio delle mie capacità. E quindi, per quanto mi riguarda, Cosenza non è in festa per la possibile riabilitazione dell’ex frate di Acri, come si scrive in alcuni giornali ultras, ma in profondo lutto per un religioso che tiene molto più alla riabilitazione mondana del suo status religioso e umano che non al perdono di Dio.
Francesco di Maria