Ci saranno ancora un cielo e una terra dopo la fine del mondo, ma saranno governati da leggi completamente diverse da quelle che regolano le realtà astrali e terrestri dell’universo e da condizioni ambientali perfettamente funzionali a forme immortali e gioiose di vita. Allora la vita apparirà totalmente rinnovata da Dio che abiterà stabilmente, visibilmente e concretamente in mezzo alle sue creature. Il vero sovrano del regno celeste sarà Cristo, il Figlio di Dio, al cui potere il Padre sottometterà tutti i regni e i popoli della terra e su di essi governerà gloriosamente per l’eternità. Ma, in realtà, Cristo era stato già glorificato in terra quando aveva assecondato la volontà del Padre lasciandosi prima tradire non da un nemico ma da uno dei suoi discepoli, cioè Giuda, e poi affrontando la morte in espiazione dei peccati di tutti. Gesù era stato glorificato da Dio-Padre per il suo sacrificio d’amore, così come Dio-Padre era stato glorificato dal e nel Figlio per avergli questi prestato obbedienza per amore filiale e per amore verso le creature umane.
La più alta espressione dell’amore è data infatti dalla disponibilità a sacrificarsi per amore, non perché costretti ma per una libera e consapevole scelta che può venire implicando persino l’offerta della propria vita. Di qui l’invito, anzi «il comandamento nuovo» di Gesù ai suoi discepoli e a noi tutti: «che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Ora, certamente non è facile seguire Cristo fino a questo punto, accettando di essere traditi dagli amici e mostrandosi persino disposti ad espiarne le colpe con la propria morte. Gesù stesso ne è consapevole che, tuttavia, proferisce quelle parole per evidenziare la natura e la misura della misericordia di Dio per gli uomini, i quali senza quel suo atto di amore sacrificale resterebbero per sempre perduti e non potrebbero mai essere salvati. Quell’atto di amore tanto più sconvolgente appare quanto più si pensi che esso è un atto divino, l’atto di un Dio, dell’unico e vero Dio, che decide di immolarsi per la liberazione e la vita eterna di uomini e donne. Tuttavia, ai suoi reali o potenziali seguaci il Signore indica la strada della salvezza che non è quella, pure percorsa da tante insigni personalità della storia umana, dell’amore filantropico o della carità distaccata o ostentata, del sacrificio per una persona cara, per una comunità o per la patria. L’agape è diversa dalla philia in quanto è un sentimento non puramente intramondano e umanistico, pure in se stesso legittimo e tuttavia incompleto, ma comprensivo di un più ampio e profondo legame spirituale con Dio.
Le forme di amore, apparentemente legittime o nobili, sono molteplici: si può intensamente amare il prossimo, sul piano erotico o semplicemente affettivo, nel quadro di relazioni interpersonali concepite come puramente immanenti e in chiave materialistica o utilitaristica o pragmatica, ma non è ancora questo il compiuto senso dell’amore cristiano, che non prescinde mai dal senso dell’amore verso Dio, la sua volontà, i suoi insegnamenti e comandamenti. Se pure l’amore fosse esercitato nel modo più puro e disinteressato possibile ma non muovesse dall’amore verso Dio, esso sarebbe ancora un amore carente o difettoso. Soprattutto, l’amore cristiano non è l’amore semplicemente predicato ma l’amore realmente e nascostamente praticato, né la carità evangelica può essere identificata solo con l’elemosina, che anzi, se esercitata in modo meccanico o volto a tacitare la propria coscienza, rischia di allontanarci irrimediabilmente da Dio. E, infine, poiché l’amore divino è inimitabile, inarrivabile o irraggiungibile, l’uomo caritatevole, nel senso cristiano del termine, sarà solo colui o colei che, quali che siano le sue opere di bene, avrà sempre coscienza di non essere mai abbastanza caritatevole, e sempre peccatore al cospetto di Dio. Essere veramente caritatevoli comporta la consapevolezza che, se anche il nostro amore per gli altri fosse straordinariamente fecondo e ammirevole, esso sarebbe pur sempre opera dell’amore infinito di Dio: verso il nostro prossimo e verso noi stessi. Probabilmente non sarà mai possibile che gli esseri umani si amino allo stesso modo di come essi sono stati e sono amati da Cristo, ma se saremo sempre ben consci dei limiti enormi dei nostri sforzi, pure sinceri, di amare il prossimo, avremo certo qualche possibilità in più di ottenere la sua carità.
Francesco di Maria