Mi sono astenuto deliberatamente dall’esprimere giudizi sul nuovo governo, uscito dopo un parto molto travagliato dal responso elettorale del 4 marzo scorso, perché sinceramente, fino a quel momento, non avevo fatto altro che scrivere peste e corna di un movimento pentastellato e di una Lega quale quella guidata da Matteo Salvini. Non che al momento abbia rivisto le mie posizioni, fondate non già su elementi contingenti ma sulla natura stessa delle rivendicazioni politiche di questo blocco politico di origine populista ma, proprio a giudicare da alcuni atti iniziali della nuova compagine governativa, non destinato necessariamente a morire populista dopo aver conquistato il potere. Come ex elettore, ormai disilluso e amareggiato, del PD di Renzi, che continuo tuttavia a giudicare come il miglior presidente del Consiglio degli ultimi quindici anni, ho sempre pensato, segnalandolo inutilmente allo stesso Renzi, che il vero nodo da sciogliere della nostra politica nazionale fosse, come è, il rapporto con l’Europa, con la sua moneta, con le sue istituzioni politiche economiche e giuridiche, con la sua natura di Ente finanziario più che politico sovranazionale manovrato dagli stati e nell’interesse degli Stati europei tradizionalmente ritenuti più potenti ed influenti, con una sua idea di sovranità centralizzata molto più simile ad una dittatura peraltro non illuminata che ad una gestione realmente rappresentativa e democratica capace di garantire prosperità e pace alle diverse nazioni europee.
Dopo vent’anni, a parte la Germania e i paesi satelliti del Nord Europa e in parte la Francia, l’UE, con la sua ossessiva e non disinteressata tendenza all’uniformità e ad una sorta di irreggimentazione programmatica volta ad ignorare e negare le specifiche necessità e priorità dei vari popoli, continua a rivelarsi fonte permanente di conflitti economici tra gli Stati membri e di discordie praticamente in tutti gli ambiti del vivere civile proprio di ognuno di essi. Purtroppo, il PD continua imperterrito a parlare in modo sprezzante di sovranismo a proposito di tutti coloro che, anche al di là della Lega di Salvini, in realtà esigono giustamente che sia rispettata la sovranità del popolo italiano ormai irreversibilmente stanco di riporre la sua fiducia in questa inutile e dannosa Europa economica e politica. Ma la mossa di Salvini di dire risolutamente basta a questa gigantesca presa europeistica per i fondelli è una mossa assolutamente necessaria e non ulteriormente procrastinabile, pena la ineluttabile condanna per l’Italia ad un futuro di povertà, di stenti, di sottosviluppo, di disoccupazione cronica e perenne, di sempre più pericolosa e inarrestabile conflittualità sociale.
Resto convinto del fatto che opportunismo, calcolo personale e utilitarismo spicciolo, siano potenti fattori costitutivi tanto della Lega quanto soprattutto dei 5Stelle, che molta incompetenza culturale e politica agisca tra deputati e senatori dei due schieramenti, che l’integrità morale continuamente rivendicata da grillini e leghisti sia molto più presunta che reale, ma, detto questo, non è che la situazione degli altri partiti sia molto più rassicurante. D’altra parte, il tempo si incaricherà di dimostrare come stanno veramente le cose. Bisogna dunque armarsi di sano e mai cinico realismo, tentando di individuare comunque, sia pure tra tante difficoltà e ostacoli oggettivamente non superabili nel breve periodo, un politico o un gruppo di politici idonei a proporre al popolo italiano vie d’uscita dalla triste impasse europeista certo rischiose ma non per questo prive di ragionevolezza, prudenza e senso di responsabilità.
Se, per reclamare il rispetto della sovranità nazionale, gli italiani devono essere etichettati come nazionalisti, secondo quanto propone il democratico Andrea Romano, ben venga anche il nazionalismo che nella storia moderna e contemporanea è venuto tuttavia assumendo significati di volta in volta non solo diversi ma talvolta sotto il profilo etico-politico addirittura opposti. Non ho alcuna simpatia per Salvini ma, tra tanta immobilistica cecità, il suo tentativo di cambiare significativamente il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo, sia pure con un piglio talvolta troppo spregiudicato, merita di essere seguito e valutato con attenzione e obiettività soprattutto da parte delle giovani generazioni immerse purtroppo in un mortale pantano di sottocultura e di inamovibile crisi occupazionale. Giacché il senatore Romano e compagni non suscitano alcun interesse nel continuare a parlare di “isolamento sovranista”: ancora non hanno capito che noi saremo sempre più isolati e ininfluenti in Europa e nel mondo proprio per aver rinunciato per troppo tempo ad esercitare la nostra più che legittima e doverosa sovranità nazionale.
Per non essere né isolati, né sovranisti, per i dirigenti del PD evidentemente dovremmo essere eternamente sottomessi e obbedienti, ma questo si chiama collaborazionismo, antipatriottismo, anticostituzionalismo. E’ chiaro o no? E parlo da sinistra, non da destra.
Renzi ha fatto qualcosa di buono per questo Paese e gli va riconosciuto, a differenza di quel che continuano a pensare fin troppo spocchiosamente Salvini e Di Maio, ma purtroppo la sua azione politica ha trovato un limite invalicabile, che il popolo non gli ha perdonato, in un atteggiamento ancora troppo tiepido verso i centri europei di potere, ivi compresa la BCE di Mario Draghi che fa e disfa a proprio piacimento con manovre finanziarie che mirano esclusivamente alla stabilizzazione del potere delle grandi oligarchie finanziarie che a lui, in un modo o nell’altro, fanno capo. Ora dunque bisognerà dare spazio e tempo a Salvini, più che agli altri colleghi di governo indubbiamente meno preparati e più deboli di lui: potrà andare bene o male, come è sempre stato e sempre sarà, ma nel frattempo il partito democratico fare bene a rendersi protagonista di un’opposizione meno logorroica e meno chiassosa, più intelligente costruttiva e responsabile di quella posta in essere dal 4 marzo scorso ad oggi, soprattutto al fine di sopravvivere alle prossime elezioni politiche che potrebbero essere molto più vicine di quel che si crede.