La malattia della ragione e del diritto

Coronavirus epidemic, word COVID-19 on Europe map. Novel coronavirus outbreak in Italy, the spread of corona virus in the World. COVID-19 infection concept. Elements of this image furnished by NASA.

L’art. 32 della Costituzione prevede il trattamento sanitario obbligatorio in cui può rientrare anche un obbligo vaccinale volto a scongiurare o a debellare pericolose, letali e diffuse epidemie virali già in atto in grado di mietere molte vittime sia a livello locale che globale. Diverso è tuttavia il caso in cui il vaccino venga inoculato in una persona malata o predisposta alla malattia infettiva da quello in cui esso venga somministrato invece ad una persona ancora sana e solo virtualmente suscettibile di contrarre l’infezione oppure anche ad una persona affetta da diverse patologie rispetto alle quali non sia dato sapere scientificamente con quale grado di compatibilità uno specifico vaccino si ponga.

A seconda di quale sia il caso in questione, muta infatti quel principio di precauzione e di proporzionalità che l’articolo citato presuppone. E, proprio a causa della problematicità e delle possibili criticità inevitabilmente presenti in ogni trattamento sanitario obbligatorio o che si vorrebbe rendere tale dal punto di vista legislativo, lo stesso articolo 32 si conclude saggiamente con la seguente precisazione: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’espressione non casuale “in nessun caso” sta a significare che, quali che siano i rischi per la salute di un’intera popolazione, lo Stato, la legge, non possono in nessun caso violare i limiti derivanti dalla necessità morale di rispettare la persona, laddove questi limiti non riguardano solo l’impraticabilità di metodi, tecniche e farmaci eugenetici di memoria nazista, ma anche l’inapplicabilità, pur spesso vanificata da atti giuridici e iniziative giudiziarie oltremodo tendenziosi o discutibili, di procedimenti eugenetici più moderni, più sofisticati, apparentemente incruenti ma ugualmente lesivi della dignità umana, come anche l’inattuabilità di terapie farmacologiche percepite da singoli soggetti, sulla base di informazioni scientifiche non completamente tranquillizzanti anche se del tutto serie e attendibili, come possibile fonte di pericolo per se stessi oltre che per la collettività.

Dunque, la politica può rendere obbligatorio un vaccino per legge ma, dinanzi alla singola persona capace di intendere e volere che adduca in modo diretto o indiretto argomentazioni plausibili a giustificazione della sua volontà di non vaccinarsi, essa è tenuta a rispettarne costituzionalmente la decisione e la libertà di scelta. Stupisce che un costituzionalista come Gustavo Zagrebelsky, notoriamente schierato nel cosiddetto fronte “progressista”, non riesca a cogliere l’intero significato etico-giuridico dell’articolo sopra citato e si accodi sguaiatamente alla posizione di tutti coloro che in questo momento sostengono le misure sanitarie del governo Draghi. Quella di chi oggi non vuole vaccinarsi, egli afferma perentoriamente, non è una manifestazione di libertà ma di arbitrio (Non è libertà ma arbitrio. La lotta no vax è una forma di prepotenza in “Huffington Post” del 14 settembre 2021).

Non è che egli disconosca che, nella stessa comunità scientifica, il dibattito sui vaccini antiCovid sia piuttosto mosso e articolato e non privo di incertezze circa la loro effettiva efficacia e le conseguenze che potrebbero derivarne sul piano clinico a medio e lungo termine per gli individui e forse per la stessa collettività. Egli sa bene che quelle della scienza non sono verità assolute ma solo probabilistiche, ma tale consapevolezza non gli impedisce poi, al di là della polemica anti no vax in qualche misura legittima, di generalizzare il discorso fino a sostenere che chiunque «scende in piazza al grido di libertà, dovrebbe usare la parola giusta che è arbitrio. E’ la prepotenza di chi vuole fare ciò che vuole. Non dobbiamo lasciare che il discorso sia portato su questo terreno», il che è logicamente, moralmente e giuridicamente inaccettabile, perché non è affatto ineccepibile sul piano logico parlare né di arbitrio, né di prepotenza, se uno fonda il suo diniego a questi vaccini sulla scienza, che è appunto non uniforme e aprioristica ma variegata e aperta ad essere falsificata oltre che verificata specie quando ci si occupi di esperienze medico-scientifiche ancora largamente sperimentali; e non è ineccepibile sostenerlo sul piano morale perché, se la stessa scienza non esprime giudizi unanimi e anzi esprime talvolta giudizi del tutto divergenti, non si vede perché sarebbe immorale il comportamento di chi non si mostri disposto a farsi vaccinare; e infine sullo stesso piano giuridico sbaglia Zagrebelsky nel concludere che, stando così le cose, e mentre accade di fatto che un non esiguo numero di vittime si stia registrando anche tra i vaccinati con doppia dose, il governo debba comunque decidere il da farsi e che la sua eventuale decisione di imporre l’obbligo vaccinale potrebbe risultare senz’altro “costituzionalmente legittima” e non sarebbe né coercitiva, né discriminatoria, in quanto finalizzata a proteggere dall’infezione virale e dalla morte l’intera società.

Sbaglia per il fatto stesso che l’imposizione governativa per legge non sarebbe fondata né su ragioni scientifiche dotate di un ragionevole grado di incontrovertibilità intersoggettiva e almeno sufficientemente consolidate, né su ragioni morali di sicuro valore oggettivo in quanto, pur formalmente finalizzate alla salute pubblica, non ancora sorrette da riscontri clinico-sanitari sufficientemente univoci e confortevoli. Peraltro, si contano sulle dita di una mano i Paesi in cui sia in vigore l’obbligo vaccinale e nessuno di essi può vantare una significativa tradizione democratica. Manca, dunque, anche sotto questo aspetto, persino un barlume di quell’universalità che è e dev’essere alla base della conoscenza scientifica, dell’agire morale e, per aspetti non inessenziali, della stessa cultura giuridica. Non si vede come, in queste condizioni, si possa definire ingiustificata e ingiustificabile la posizione di quanti eventualmente rivendichino la propria libertà di ragionamento e di scelta, la libertà personale di sottoporsi o non sottoporsi all’obbligo vaccinale.

Esprimo questi concetti, sicuro di saper fare tesoro dell’avvertimento di Zagrebelsky che però dovrebbe valere anche per coloro che il giurista torinese molto enfaticamente qualifica come “competenti”: «La cura delle parole è importante perché quelle improprie impediscono di ragionare correttamente e si prestano a imbrogli».

E’ certamente vero che la politica, sulla base degli elementi di cui dispone, deve decidere e, nel caso specifico, può o deve proporre la vaccinazione di massa, ma, siccome anche i singoli cittadini, più o meno competenti, dispongono di validi elementi di giudizio non necessariamente coincidenti con quelli governativi e anzi talvolta con essi contrastanti, non si comprende per quale ragione, se non per una ragione prettamente politica di natura coercitiva e dittatoriale, lo Stato possa esigere o pretendere di mutare la sua proposta, la sua offerta di assistenza sanitaria, in una pretesa unilaterale e ambigua di intervento medico-sanitario e in un obbligo legislativo, di dubbia efficacia sanitaria e di ancora più incerta valenza etico-sociale, per tutti i cittadini indistintamente senza peraltro preoccuparsi di prendere in seria considerazione una congrua possibilità risarcitoria di cui dovrebbe farsi carico nei confronti di chiunque, vaccinandosi, dovesse subirne poi effetti negativi, invalidanti o addirittura mortali. Tra l’altro, non è affatto detto che lo Stato possa stabilire la durata temporale dello “stato di eccezione” o “di emergenza”, con l’evidente rischio che, strada facendo, la democrazia rappresentativa venga cambiando colore fino al punto di potersi tingere talmente di nero da somigliare sempre di più ad un regime dittatoriale.

La persona, la sua sensibilità, la sua anima, devono essere rispettate sempre e comunque, là dove non sia affatto certo che le ragioni umane e culturali o religiose che da esse emanano siano meno valide e condivisibili di quelle dello Stato e della politica e, purtroppo, anche del diritto, che oggi, per molte ragioni, soprattutto ma non esclusivamente in ambito giudiziario, non gode certo di buona salute. E’ abbastanza stupido continuare a ritenere legittimo l’obbligo vaccinale solo perché in fondo, al momento, sarebbe statisticamente molto bassa la percentuale di vittime anche tra i vaccinati con doppia dose: si omette infatti di riflettere sul fatto che, in quei freddi ma significativi numeri statistici potrebbe essere compresa anche la mia morte o quella di mio fratello, di una moglie o di un figlio, di un uomo mediocre o di un genio, di esseri umani come noi: la razionalità, l’etica, il diritto devono occuparsi di assistenza sanitaria, di diritti civili, di rispetto morale della incolumità e dignità di ogni essere umano, non certo su base statistica o su base genericamente probabilistica ma alla luce di criteri quanto più possibile collaudati, prudenziali e farmacologicamente sicuri, come certo non sono quelli fin qui adottati dal governo, e idonei a preservare l’incolumità e l’integrità fisica di chi sia più esposto di altri al pericolo di decedere a seguito di inoculazione vaccinale.

Non sarà mai inutile ricordare, con buona pace di Zagrebelsky e dei tanti inconsapevoli fascisti italiani che vorrebbero addirittura perseguitare, arrestare e privare di ogni diritto civile ed economico-retributivo una discreta moltitudine di cittadini italiani non disposti a vaccinarsi, che il nostro ordinamento costituzionale e democratico è basato su un insopprimibile principio personalista, oltre che su quello solidarista e pluralista, e che non è affatto vero che l’interesse collettivo, presunto o reale che sia, debba essere sempre anteposto a quello individuale o personale, essendo vero piuttosto che lo Stato debba perseguire il bene collettivo non a scapito di quello personale ma nei limiti in cui la dignità e il bene, non l’arbitrio, del singolo cittadino e della singola persona lo consentano.

In caso contrario, non si può imboccare che una via illiberale, totalitaria e antidemocratica, oltre che manifestamente antievangelica, pur nel nome e nel segno di un dichiarato spirito di servizio a favore della propria nazione e del proprio popolo. E’ esattamente quello che accade tutte le volte che una malcelata ed esasperata volontà di potenza finisce per infettare la ragione umana, riducendone la sensibilità etica e alterandone la capacità di giudizio in tutti i campi, come sanità e diritto in particolare, in cui è chiamata ad esercitarsi per il perseguimento del bene pubblico.

Francesco di Maria

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